di Claudio Maffei,  Coordinatore scientifico Chronic-on

Premessa

Epidemiologia&Prevenzione e AIE hanno lanciato dal sito web di E&P un “dibattito estivo” per ripensare e ridefinire le strategie per l’epidemiologia italiana nel contesto del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Ho raccolto subito l’invito e con questo appunto mi propongo un obiettivo molto mirato: descrivere il processo istituzionale di monitoraggio della qualità dell’assistenza erogata all’interno del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e motivare la scelta di considerarlo una significativa area di impegno e sviluppo dell’epidemiologia italiana. Questa indicazione in termini generali era già presente nel documento dell’Associazione Italiana di Epidemiologia del 2016 sul ruolo dell’epidemiologia nel SSN. Tra le sette funzioni fondamentali che le venivano attribuite c’era infatti quella della valutazione della performance del SSN, articolata a sua volta su più linee di intervento. La mia proposta è di usare “strumentalmente” il supporto tecnico a quel processo per entrare dalla porta principale nei meccanismi istituzionali di governo della sanità del nostro Paese.

Il monitoraggio ministeriale dei Livelli Essenziali di Assistenza

I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) possono essere definiti come quell’insieme di servizi e prestazioni in tema di salute il cui godimento dovrebbe essere diritto di ogni cittadino e la cui erogazione dovrebbe essere dovere del SSN e di ciascun sistema sanitario regionale. I LEA sono stati definiti per la prima volta nel 2001 con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 29 novembre 2001 e più recentemente con il DPCM del 12 gennaio 2017. Le prestazioni e i servizi previsti nei LEA coprono le tre macroaree della prevenzione e della sanità pubblica, dell'assistenza distrettuale e della assistenza ospedaliera. Questo sistema impegna raramente la componente epidemiologica dei Servizi Sanitari Regionali (SSR) ed è arrivato il momento di farlo diventare oggetto di riflessione, ricerca e pratica  da parte del mondo della epidemiologia italiana.

Il monitoraggio di cui stiamo parlando avviene attraverso la cosiddetta verifica degli adempimenti LEA ad opera del Ministero nei confronti delle Regioni. Questa verifica avviene in due modi: l’utilizzo di un questionario annuale inviato alle Regioni nei primi mesi dell’anno successivo a quello oggetto di verifica e l’utilizzo di un sistema di indicatori derivato dai flussi statistici correnti di interesse sanitario. È difficile, me ne rendo conto, dare vivacità a una ricostruzione di processi che sanno tanto di rituale amministrativo, ma vorrei richiamare l’attenzione di chi legge su un punto cruciale: stiamo parlando di un processo fondamentale e cioè di come lo Stato  verifica lo stato della  qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie offerte dalle varie Regioni (e ovviamente Province Autonome) ai cittadini. Questo è l’unico modo in cui attualmente a livello istituzionale si giudica adeguato o meno lo stato del SSN ed è credo interesse di tutti gli epidemiologi conoscerlo e, se possibile, migliorarlo.

Questa verifica degli adempimenti ha una lunga storia (nasce da una intesa  Stato-Regioni del 23 marzo 2005) e ha ricadute importanti perché è solo dopo il vaglio favorevole da parte di un apposito Comitato di Valutazione che le Regioni possono accedere a una quota premiale legata proprio a questo sistema. Purtroppo, nonostante la evidente rilevanza di questo processo di valutazione, l’area dedicata del sito del Ministero della salute è parca di informazioni aggiornate tanto è vero che è scaricabile solo il Questionario relativo all’anno 2018 assieme agli Allegati e alle note per la compilazione. I risultati della valutazione delle varie Regioni da parte del Comitato sono ancora meno aggiornate in quanto risalgono alla verifica  2016.

La lettura del Questionario è interessante in quanto evidenzia la grande massa di informazioni sullo stato dei vari sistemi sanitari regionali teoricamente ricavabile da questo strumento. Purtroppo, anziché essere uno strumento trasparente di informazioni, il questionario e tutto il processo in cui è inserito costituiscono una sorta di scatola nera accessibile solo agli addetti ai lavori. E cioè ai dirigenti e funzionari regionali e ministeriali che partecipano al “rito”. Qui una digressione è d’obbligo: a essere qui messi in discussione non sono quanti lavorano in questo sistema di  monitoraggio istituzionale dei LEA, ma i metodi con cui questo monitoraggio viene fatto e i modi con cui i risultati vengono condivisi e utilizzati. Tornando al questionario chi lo sfoglierà ci troverà dentro davvero di tutto, dalla telemedicina alla ridefinizione delle reti ospedaliere, dalle liste di attesa delle prestazioni ambulatoriali  alla rete delle cure palliative e della terapia del dolore, dai Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) alle ludopatie, dal fascicolo sanitario elettronico alla sicurezza trasfusionale, dalla medicina penitenziaria alla assistenza domiciliare e residenziale. Per ognuno di questi ambiti e di altri ancora, le Regioni producono tramite il questionario una varia combinazione di dati e atti a testimonianza del loro impegno nel perseguimento di ogni specifico LEA. Questo sistema di monitoraggio visto da vicino (e sono in pochi a farlo) presenta molti limiti metodologici, ad esempio perché a volte usa metodi di autovalutazione a totale gestione regionale (come, per esempio, nell'elencazione dei PDTA attivi) e a volte la base dati utilizzata è poco affidabile in termini di completezza e validità (per esempio nella valutazione della assistenza domiciliare).

Dentro al Questionario c’è poi un monitoraggio attraverso un sistema di indicatori dell'effettiva erogazione dei LEA da parte delle Regioni. sistema che porta anche a un  punteggio complessivo che consente di determinare anche una sorta di ranking delle sanità regionali. Fino al 2019 il sistema utilizzato è stato quello della cosiddetta Griglia Lea, un sistema che si trova descritto in una pagina dedicata del Ministero  e che porta ad un  punteggio complessivo  che consente di determinare anche una sorta di  ranking delle sanità regionali. Per essere considerate sufficienti le Regioni debbono raggiungere almeno un punteggio di 160. Gli ultimi dati rilevati con questa griglia sono proprio quelli del 2019, dati che non sono ancora disponibili nel sito del Ministero, ma sono stati divulgati dalla stampa italiana di settore e  consentono anche un confronto tra il 2010 ed il 2019. All’ultima valutazione relativa al 2019 solo la Calabria e il Molise sono risultate insufficienti, mentre nel 2018 tutte le Regioni avevano raggiunto la sufficienza. Questa griglia utilizza un sistema di  33 indicatori ripartiti tra le attività di prevenzione collettiva e sanità pubblica, l’assistenza distrettuale e l’assistenza ospedaliera erogate dalle Regioni e secondo il Ministero “consente di individuare per le singole realtà regionali sia quelle aree di criticità in cui si ritiene compromessa un’adeguata erogazione dei livelli essenziali di assistenza, sia di evidenziare i punti di forza dell’assistenza sanitaria erogata.“  Purtroppo non è proprio così, come testimonia il fatto che con questa griglia hanno punteggi bassi realtà che in tutti gli altri sistemi di monitoraggio, come ad esempio quello del CREA ( Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità)  hanno i punteggi più alti come nel caso delle due Province di Bolzano e Trento, solo perché essendo  autonome la loro valutazione con questo sistema non ha ricadute pratiche e quindi economiche. Molto banalmente siccome il sistema di indicatori è sempre lo stesso da anni, le Regioni che con questo sistema vengono formalmente valutate hanno imparato a gestirli “al meglio”. Le altre se ne disinteressano e prendono “voti bassi”. La validità effettiva di molti di questi indicatori è molto scarsa come evidenziato ad esempio dalla Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica a proposito dell’unico indicatore dell’area della salute mentale.

Proprio per questi limiti della Griglia LEA, dal 2020 il monitoraggio istituzionale dell’erogazione dei LEA da parte delle Regioni verrà fatto col Nuovo Sistema di Garanzia, su cui si trova una ricca documentazione in una pagina dedicata del Ministero della Salute. Questa volta gli indicatori salgono  a 88 così distribuiti: 16 per la prevenzione collettiva e sanità pubblica; 33 per l’assistenza distrettuale; 24 per l’assistenza ospedaliera; 4 indicatori di contesto per la stima del bisogno sanitario; 1 indicatore di equità sociale; 10 indicatori per il monitoraggio e la valutazione dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA).

Perché impegnare l’epidemiologia nel monitoraggio istituzionale dei Livelli Essenziali di Assistenza

Se tentare di descrivere il sistema di monitoraggio istituzionale dei LEA è complicato, è invece molto più semplice motivare il coinvolgimento dell’epidemiologia nella sua gestione, manutenzione e miglioramento. Tanto semplice da sembrarmi evidente in sé. Ad ogni buon conto provo a elencare tre punti che mi sembrano importanti e peculiari del sistema di monitoraggio istituzionale dei LEA:

  1. è un processo centrale nella vita “vera” del SSN e dei SSR cui il livello politico “tiene” non foss’altro che per il premio (o il danno) d’immagine che deriva da un basso punteggio o da una posizione inadeguata o in peggioramento nel ranking;
  2. è un sistema la cui gestione richiede di acquisire conoscenze di dettaglio della fisiologia istituzionale e organizzativa del SSN e dei SSR;
  3. è un sistema che consente di entrare in contatto con chi sul campo affronta tutte le tematiche più significative visto che attraverso il ciclo della performance, cui sono tenute le organizzazioni pubbliche comprese quelle sanitarie, gli indicatori di monitoraggio finiscono sul tavolo di gran parte delle discussioni di budget a livello regionale e nazionale.

Del resto quello della valutazione delle performance dei SSR è un tema di ricerca/intervento che in Italia comincia ad avere una sua storia importante, in particolare per l’attività del Laboratorio Management e Sanità (MeS) della Scuola Sant’Anna di Pisa. A questo Laboratorio si deve infatti un sistema di valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali (ultima edizione con i dati 2019) e delle Aziende Ospedaliero-Universitarie (anche in questo caso l’ultimo report analizza i dati 2019 ) che costituisce un modello di riferimento certamente avanzato per la realtà italiana. A questo filone della valutazione della performance il mondo della epidemiologia italiana ha dato un fondamentale contributo con il Programma Nazionale Esiti (PNE) e non vi è alcun dubbio che pochi prodotti della epidemiologia italiana hanno avuto una così ampia circolazione tra gli operatori come le due  Monografie di Epidemiologia&Prevenzione sul rapporto tra volumi di attività ed esiti delle cure, quella del 2017 e ancor prima quella del 2013.

Al momento, il taglio dato dal Ministero e dalle Regioni al sistema di monitoraggio dei LEA non valorizza le sue potenzialità di fatto confinando tutto il confronto dentro la  macchina “burocratica” dell’apparato di governo del SSN ai vari livelli.  Il contributo dell’epidemiologia italiana può risultare decisivo nel ricollocare tutto il sistema di monitoraggio dei LEA in una logica di miglioramento continuo della qualità dell’assistenza erogata. Su dove collocare questa specifica funzione a livello nazionale, regionale e aziendale non entro  nel merito lasciando che sia il dibattito complessivo sull’epidemiologia nel SSN a dare indicazioni al riguardo. Certo il monitoraggio dei LEA di per sé reclamerebbe come funzione autonomia e indipendenza, come tutto il resto dell’epidemiologia, io credo.

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