di Rodolfo Saracci

È un po’ per caso che questa nota cade calendarizzata dopo la serie di tredici contributi sul futuro dell’epidemiologia nel Servizio Sanitario Nazionale  (SSN). Non mi avventuro quindi a commentare e tantomeno a sintetizzare la larga panoramica e gli spunti di riflessione che i contributi offrono sulla situazione attuale e la sua genesi nel corso di vari decenni: ciascun lettore potrà farlo personalmente, qui mi limiterò a due considerazioni.

Se si assume un’attività professionale che si mantenga in forma piena o ridotta fino a 70 anni di età, il futuro dell’epidemiologia, del SSN, e dei due congiuntamente concernerà, per una durata di tempo dai 20 ai 45 anni, quanti oggi hanno tra i 25 e i 50 anni. Si dà ora il caso che nessuno dei contributi finora presentati provenga da colleghi di queste età; gli autori dei contributi hanno tutti, salvo un paio, oltre i 60-65 anni e diversi oltre i 70. Vuol dire che i contributi sono da considerarsi irrilevanti per il futuro? Sicuramente no, ma ancor più sicuramente vuol dire: primo, che quel futuro sarà vissuto e realizzato da altri che non si sono finora espressi; secondo, che i contributi traducono il profilo di successi e insuccessi in cui idee e visioni concepite decenni or sono dai sessanta-settantenni (e oltre) di oggi si sono andate realizzando nel corso del tempo.

Eravamo in larga maggioranza più o meno quarantenni quando da versanti diversi, e non raramente contrastanti, ci siamo impegnati dalla metà degli anni Sessanta agli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso nello sviluppo e proiezione verso il futuro di una nuova epidemiologia, centrata sulla sfida allora dominante delle malattie cronico-degenerative in nettissimo aumento.
Indietro nel tempo erano similmente quarantenni gli igienisti che dalla metà degli anni Quaranta avevano concepito, inizialmente all’interno del Comitato di Liberazione Nazionale del Veneto e quindi nei primi anni della Repubblica, l’abbozzo di un SSN articolandolo successivamente in progetti sostenuti fino alla realizzazione con la legge 833 del dicembre 1978.

Se non esiste nessun determinismo o fatalità che leghi la nascita di idee e progetti a un’età piuttosto che a un’altra (ogni età è buona),  esiste però il cruciale e ferreo determinismo dello scorrere del tempo: idee e progetti di medio e lungo termine possono realizzarsi solo nella misura in cui sono originati o fatti convintamente propri da chi è nei primi periodi della vita professionale. È quindi essenziale, affinché la discussione sul futuro dell’epidemiologia nel SSN non rimanga fine a se stessa, che si esprimano le voci dei “meno 50”, e in particolare dei più giovani, e l’AIE-Giovani può esserne il catalizzatore: a condizione che i meno anziani e i giovani non giudichino il contenuto o la forma di questo dibattito di poca priorità rispetto ad altre forme di dialogo, di analisi della situazione e di impegno.  

Costruire il futuro

Nella stesso senso di un’apertura di discussione con chi si dedicherà a costruire giorno per giorno il futuro, va la proposta che ho formulato in un numero precedente  di Epidemiologia&Prevenzione1 di una “Conferenza per la prevenzione” – di cui l’AIE può farsi promotrice – che riunisca due componenti: scientifico-tecnica (rappresentanti di un ventaglio di discipline, professioni e strutture ministeriali) e civile (associazioni, ONG, imprese) con lo scopo di far emergere priorità socialmente condivise e realisticamente concretizzabili nel loro contenuto e nei percorsi di attuazione. Se da un lato l’articolo in cui formulavo la proposta esprimeva la mia personale convinzione sul ruolo della prevenzione come asse centrale del sistema sanitario, dall’altro il titolo dell’articolo “Prevenzione e SSN: un’integrazione da rifondare nel prossimo decennio” riconosceva che, al di là delle intenzioni, questa convinzione non appare essere operativamente al centro della realtà attuale del SSN. Aggiungo qui che non è un caso che l’altro legame, quello tra epidemiologia e prevenzione, concepito come costitutivo e indissociabile al tempo della fondazione della rivista di cui ha ispirato il nome, appaia oggi meno stretto e molto più problematico. 

La seconda considerazione riguarda l’importanza determinante del contesto economico. In un breve intervento nella sessione finale del 35° Congresso AIE  a Torino, era il 9 Novembre 2011, mi domandavo in che misura avremmo potuto mantenere per il decennio a venire un SSN nella sua forma universalistica, solidale e egualitaria: notavo che questo sarebbe dipeso in parte preponderante da un determinante ‘esterno’ al Paese, l’evoluzione istituzionale e politica, segnatamente di politica economica, dell’Unione Europea. Era una facile anticipazione  e così è infatti stato: la deriva di funzionamento dell’UE verso l’approccio inter-governativo (a scapito dell’approccio supra-nazionale) accoppiato alla dominante ortodossia economica dei governi più influenti si è tradotta per la maggior parte del decennio in misure di austerità che a livello nazionale hanno ridotto e costretto le risorse materiali e umane per la sanità, deformandone in diversi aspetti (ad es. il rapporto tra pubblico e privato) la fisionomia. Solo nel 2020 e “grazie” alla pandemia di COVID-19 si è verificata una brusca inversione di rotta, materializzata tra altri provvedimenti nel PNRR: questo offre per altri cinque anni una finestra temporale di opportunità economica per recuperi e innovazioni, a cui ho accennato nel già citato articolo di E&P.1 Critiche saranno le scelte iniziali: se dettate dall’euforia del rilancio economico e di ciò che questo rende immediatamente fattibile (per esempio l’acquisto di attrezzature) o da una prospettiva del se e del come i cambiamenti  potranno essere non solo introdotti, ma soprattutto sostenuti stabilmente per un decennio e oltre  (per esempio formazione, reclutamento e stabilizzazione di quale e quanto personale). Mi è impossibile credere (lo vorrei) che la politica economica dell’UE, condizionante quella italiana, possa sottrarsi nel prossimo decennio all’imperativo della crescita economica – sia come obiettivo programmatico, verde e non-verde, sia come risultato – misurata dal PIL e considerata spesso dogmaticamente come condizione sine qua non di ogni altro sviluppo, dal progresso nella transizione ecologica e nel contrasto al cambiamento climatico, ai piani di preparazione contro le epidemie, al contenimento e riduzione del debito pubblico. Se questo è il quadro, è in funzione di stime realistiche della crescita economica che vanno pensate scelte non astratte o velleitarie per un’evoluzione sostenibile nel decennio (e oltre) dell’epidemiologia come componente indispensabile del SSN.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno

Bibliografia

  1. Saracci R. Prevenzione e Servizio sanitario nazionale : un’integrazione da rifondare nel prossimo decennio.  Epidemiol Prev 2021;45:140-141. DOI: https://doi.org/10.19191/EP21.3.P140.055

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