Quando è arrivata la pandemia di COVID-19, l’imposizione di regole di distanziamento fisico ha causato una drastica e improvvisa riduzione delle interazioni sociali nella vita reale, ponendo un rigido – seppur temporaneo – stop agli assembramenti, mettendo l’accento sul fatto che la vicinanza di più persone rappresentasse un pericolo.

Eppure, proprio l’unione di più persone ha permesso di attraversare la pandemia limitandone i danni: la sinergia fra il personale sanitario, con medici e infermieri in prima linea, ha evitato danni peggiori; il lavoro comune di più ricercatori di tutto il mondo ha permesso lo sviluppo dei vaccini; l’insieme delle persone che hanno continuato a lavorare ha consentito la prosecuzione di molte attività fondamentali; l’associazione di persone comuni che si si sono organizzate attraverso gruppi di mutuo soccorso ha consentito di prendersi cura di chi era in maggiori difficoltà. 

E si dovrebbe ripartire proprio dalla comprensione che, al di là della necessità di allontanarci fisicamente in alcuni momenti di emergenza sanitaria, è proprio l’unione a fare la forza e bisogna sfruttare l’accaduto per riflettere su cosa e dove si sia sbagliato e su quali miglioramenti è possibile attuare.

Come sostiene Alessandro Vespignani, fisico ed esperto di modelli di propagazione delle epidemie della Northeastern University di Boston, in un’intervista a Repubblica,1 questo «è il momento dei decisori» che dovrebbero ripensare i metodi organizzativi per evitare di ripetere gli stessi sbagli, smettendo di ricorrere sempre all’espressione «ascoltiamo la scienza», che suona come un alibi per non assumere responsabilità.

Concetti approfonditi da Vespignani anche a 8words, convegno annuale del progetto Forward,2 del Dipartimento di epidemiologia del sistema sanitario della Regione Lazio ASL Roma 1 e del pensiero Scientifico Editore, svoltosi il 24 maggio 2022, in cui il ricercatore sottolinea come intenda parlare a nome di un team, di un network, essendo la scienza uno “sport di squadra”. Da oltre vent’anni, con il suo gruppo Vespignani fa un lavoro di intelligence, cerca di prevedere le mosse dei virus: «Quando si parla di pandemia, si parla di complessità, ma in modo sbagliato, come se fosse qualcosa di fronte a cui ci si deve arrendere». In realtà, tale termine deve essere inteso come la ricerca della comprensione di sistemi complessi per cercare di acquisire un controllo su quello che si pensa di poter prevedere e controllare.

In una situazione così difficile come la pandemia, ci si è trovati in una realtà che spaventava, si è sperimentato un senso di accelerazione folle accompagnato dal presentimento di possibili cambiamenti repentini e, in questa fame di certezze sul futuro, «sono stati dati i numeri, in tutti i sensi», afferma Vespignani. Sono state fatte previsioni prive di logica, facendo sì che sia tra i cittadini sia tra i decisori si instaurasse un senso di complessità errato, che è coinciso con l’impossibilità di comprendere gli avvenimenti e con la mera osservazione di ciò che avviene... Accedi per continuare la lettura

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