A inizio giugno, proprio in contemporanea con la festa della Repubblica, in Italia hanno ricominciato a salire le frequenze dei casi di positività al SARS-CoV-2 diagnosticati e registrati e adesso, a fine mese, la loro frequenza ha raggiunto valori preoccupanti anche se, fortunatamente, sono diminuiti – ma non eliminati – i rischi di aggravamento e di decesso.

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I casi da inizio a fine giugno, calcolati come medie settimanali, si sono quadruplicati, da poco più di 15.000 a 60.000. È evidente che qualcosa è successo, ma cosa è successo? Le interpretazioni che vengono date sono essenzialmente due più una terza che le accumula pur con diversa composizione.

Aumento della contagiosità?
La prima interpretazione è che il virus SARS-CoV-2 ha avuto, come peraltro fanno tutti i virus, l’ennesima mutazione, la Omicron 5, e questa è risultata molto più contagiosa delle precedenti; infatti, le viene attribuito un R0 pari a 15, il che significa che in un ambiente non protetto ogni soggetto positivo è in grado di riprodurre 15 contagi.

Abbandono delle precauzioni?
La seconda interpretazione, invece, ritiene che il fattore che ha fatto crescere i contagi sia l'abbandono delle precauzioni, quindi l'aumento dei contatti a rischio senza protezione.

È probabile che entrambe le ipotesi abbiano del vero e che siano subentrati anche altri fattori, come per esempio, l'abbassamento degli stati di immunità sia vaccinale sia prodotta da contagi pregressi. Ma, per capire quale potrebbe essere stato il fattore dominante, è utile ipotizziare che possa esser stato solo uno dei due.

La contemporaneità spaziale

Una variante del virus non nasce contemporaneamente uguale in tante diverse località, ma solitamente nasce in un luogo e da questo si espande progressivamente attorno seguendo i flussi di contagio.

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Calcolando gli indici regionali RDt (replicazione diagnostica), che rappresentano il rapporto tra le frequenze della settimana in corso, di cui un giorno è al centro, e le frequenze della settimana precedente a questa, si può constatare come la crescita sia avvenuta con una discreta contemporaneità. Il 1° giugno, tutti gli RDt regionali erano <1 e dopo sette giorni, l'8 giugno, erano tutti >1, tranne quello della Calabria. La crescita successiva è stata meno sincronica, ma sicuramente non discronica.

È difficile pensare che questo profilo comune di crescita possa esser dovuto a una variante che non può essersi espansa tra le Regioni con tanta immediatezza! È più probabile che il "vento dell'ormai è finita" abbia portato ovunque un aumento considerevole degli affollamenti e un abbassamento delle misure precauzionali da parte della popolazione di tutti le Regioni.

La temporalità dell'incremento

Una variante dovrebbe essere in grado di produrre contagi in modo esponenziale e attenuarsi solo al decrescere della percentuale di suscettibili.

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In questi due grafici, le linee rosse rappresentano gli andamenti reali registrati e le linee blu le ipotesi di sviluppo futuro. Il 19 giugno si osserva il valore massimo dell'RDt pari a 1,62, e contemporaneamente quindi il flesso nella crescita dell'incidenza settimanale. Se l'andamento sarà pressapoco simmetrico, ci si può aspettare un RDt <1 attorno alla fine della prima settimana di luglio, cui corrisponderebbe l'inizio della decrescita dei contagi.

Non si può certo esser certi che tutto andrà come qui ipotizzato, ma se dovesse esserci un andamento simile difficilmente potremmo ipotizzare che sia determinato da una variante cosi contagiosa come si afferma. È più probabile pensare a una "saturazione" dei bacini di maggior rischio al contagio e a una ripresa della consapevolezza della necessità di maggiori precauzioni.

Conclusioni

Non possiamo ancora dire con certezza di chi sia la responsabilità della crescita dei contagi, se del virus che è mutato o della popolazione che ha smesso di proteggersi. È probabile che entrambi i fattori siano presenti tra i determinanti.

Ci si permetta però di criticare chi, soprattutto tra i media, a ogni crescita di contagi trova subito il colpevole nella variante più contagiosa. Anche se così fosse, la comunicazione alla gente è che non occorre che faccia nulla, perché le ragioni della crescita non dipendono da loro. Tutto ciò forse deriva dal desiderio di sentirsi finalmente liberi da qualsiasi costrizione dettata dalla guerra al virus, ma purtroppo la guerra sembra continuare, anche se un'altra guerra ben più preoccupante ha distolto molta dell'attenzione all'epidemia di COVID-19.

I casi aumentano, aumenta la prevalenza di persone costrette all'isolamento e all'inattività, aumentano i ricoveri anche in terapia intensiva e aumentano i decessi. Non sono più, per fortuna, le cifre della terribile primavera 2020, ma non sono ancora la fine della pandemia che tutti speravamo arrivasse ben più presto.

Si dice che dobbiamo convivere con il virus! È vero, ma come lui non ci fa fare tutto quello che vogliamo, così anche noi dobbiamo impedirgli di fare tutto quello che lui vorrebbe fare.

Speriamo che non vi sia più la necessità di tornare alle misure che tanto hanno negativamente inciso sull'economia e sulla socialità, ma manteniamo tutto ciò che può servire a limitare i contagi senza creare troppi svantaggi. E speriamo proprio che il virus, lasciato forse troppo libero di mutare, non trovi il modo di diventare nuovamente più cattivo; sarebbe una vera disgrazia, ma non capiterà!

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