Gli aggettivi che si associano alla patologia da Covid sono oggi, sicuramente, quello di normale e quello di banale. L'informazione che maggiormente circola è che il virus ormai è, e sarà, tra di noi, ma non c'è da preoccuparsi perché l'infezione da Covid si riduce ad una banalità, come il raffreddore, e tutt'al più sono solo coloro che hanno problemi di fragilità immunitaria che devono vaccinarsi.

Accanto a questa immagine c'è anche l'interpretazione dell'aumento dei contagi: la colpa è delle varianti del virus che da quando è spuntato muta, come fanno tutti i virus, dicono che le varianti lo rendano ogni volta più contagioso. E guai se qualcuno osa dire che oltre alla maggior contagiosità delle varianti, vera o supposta, magari l'aumento della circolazione del virus sta della totale indifferenze dei contatti interpersonali. Chi non ha sentito un conoscente dire: "sono contagioso al Covid ma per fortuna adesso posso andarmene tranquillamente a spasso ed anche al lavoro"! Quante volte, anche in passato, è stato giudicato "eroico" chi, nonostante influenzato e magari anche febbricitante, è andato a lavorare invece che starsene a casa al calduccio?

Forse è opportuno fare il punto della situazione Covid come risulta dai dati del Ministero della Salute, certamente sottostimati, ma che danno per lo meno una indicazione degli andamenti.

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I contagi notificati alle ASL da inizio novembre sono sempre aumentati anche se nella seconda settimana di dicembre sembrano leggermente diminuiti, ma gli unici giorni con meno notifiche della settimana precedente sono quelli del week end dell'Immacolata, In realtà i casi prevalenti, cioè gli italiani "ufficialmente" considerati positivi al Covid, sono sempre aumentati ed al 13 dicembre sono stati contati come 224.605, cioè circa un positivo ogni 250 abitanti. Ma tutti sappiamo che questo dato è sottostimato e c'è chi ritiene possa essere anche quattro volte tanto, per tutti i positivi che hanno fatto da soli un tampone e quindi, anche se lo hanno detto al proprio medico, poi non potevano essere notificati alle ASL per mancanza di un test fatto in laboratorio.

I test notificati sono aumentati ma non così come i positivi ed infatti è molto cresciuta la percentuale di tamponi con esito positivo; il 6 dicembre hanno dato esito positivo ben il 24% dei test effettuati.

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Un dato certamente più controllato è il numero di positivi tra i ricoverati ospedalieri, anche se è da notare che ormai il tampone non è più obbligatorio al momento del ricovero e l'indicazione è solo di effettuarlo ai pazienti che si presentano con sintomatologie simili a quelle dell'infezione da Covid. La crescita dei posti letto occupati da pazienti diagnosticati come positivi è cresciuta sempre di più ed al 13 dicembre i ricoverati con diagnosi di Covid sono ufficialmente 7.666, cioè più del 12% dei posti letto in area medica.

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Ma qual è il rapporto tra la prevalenza dei ricoverati positivi e la prevalenza totale dei positivi notificati?

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Sia il rapporto della prevalenza dei ricoverati positivi e dei deceduti positivi (dopo 15 giorni di latenza) sulla prevalenza dei positivi, da settembre è più che raddoppiato, e questo potrebbe significare o che è cresciuta la gravità della malattia da Covid o più probabilmente che è cresciuta la sottostima dei positivi nella popolazione.

Difficile allora considerare "normale" una situazione che crea una prevalenza di positivi di almeno mezzo milione, una percentuale di ricoverati positivi più del 12 % dei posti letto e attualmente una letalità certamente molto inferiore a quella dei primi mesi ma comunque tutt'altro che trascurabile.  

A differenza delle epidemie di influenza o di altre patologie respiratorie, quella da Covid non sembra esclusivamente legata alla stagionalità invernale, seppure abbia sempre evidenziato un minimo di circolazione nei mesi estivi ed un picco nei mesi invernali. 

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Ma ciò che non sembra sufficientemente documentato è che ormai si tratti di una patologia banale; dal 1° di gennaio sono stati attribuiti al Covid 9.146 decessi, le giornate di ricovero ospedaliero dei positivi Covid sono state 1.042.184, e le giornate di positività della popolazione notificate 55.790.438 cioè quasi una giornata a testa. Ma non si hanno dati dettagliati riguardanti la prevalenza delle sintomatologie sia durante la positività sia soprattutto come sequele dopo la guarigione. Si parla sovente di "post Covid" ma non si hanno statistiche al riguardo e sarebbe invece bene fare una indagine al riguardo.

Se il Covid non è più la tragedia dei primi mesi e se effettivamente la suscettibilità della popolazione è diminuita, però resta una patologia che comporta ancora molti problemi e siccome potrebbe essere in parte controllata è giusto chiedersi se non sia il caso di stabilire la necessità dell'isolamento domiciliare dei contagiati e l'uso delle mascherine nei luoghi a maggiore frequentazione.

Insomma, far finta che il Covid ormai non crei più problemi non ci sembra sia la scelta più oculata di politica sanitaria. Appare strano che si sia capaci solo di provvedimenti estremi: o il rigorismo del lock down o del green pass o il lassismo dell'attuale liberi tutti. Forse provvedimenti moderati e soprattutto affidati alla responsabilità delle singole persone, responsabilità però opportunamente incentivata da una corretta comunicazione, potrebbero effettivamente ricondurre l'epidemia da Covid ad un problema di normale banalità, ma purtroppo ancora non lo è in queste settimane di fine 2023 in cui invece ricomincia a preoccupare.

Se avessimo consigliato tutti di dotarsi di un cornetto o di un altro amuleto forse avremmo fatto persino meglio di come abbiamo fatto. Far credere che non c’è più alcun problema è peggio che dire che il problema persiste ma basta avere in tasca un cornetto. Non siamo capaci di dotarci di strumenti di precauzione: sembriamo come dei bulli che all’improvviso si terrorizzano solo quando la realtà gli si apre davanti. Ed allora rischieremo di essere travolti dallo tsunami degli eventi.

Chi lo ferma adesso il virus! Con le feste che incombono con le attività conviviali ghiotte occasioni di contagiosità, con le vacanze invernali in ambienti riscaldati senza areazione. E che scuse troveremo alle nostre imprevidenze? Di certo non riconosceremo che la ripresa dell’epidemia è stata per lo più colpa nostra. Ci sono molti modi per far finire una epidemia ma sembra che oggi il più gettonato sia quello di cambiarle nome. È una “operazione speciale” con cui dobbiamo abituarci facendo finta che non ci disturbi, cioè come se fosse una banalità endemica. Ci si abitua a tutto se si è capaci di cambiare il nome?

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