Sono anni che ci lamentiamo delle liste di attesa e non solo quelle ospedaliere, ma anche e soprattutto quelle relative alle prestazioni specialistiche. Mesi per fare una Tac o per avere un intervento chirurgico. L’urgenza spesso viene rispettata ma forse anche per questo nei Pronto soccorso si riversano problematiche che talvolta urgenti non sono. L’assistenza in regime di extra-moenia sicuramente beneficia di questa situazione e nelle offerte di assicurazioni sanitarie private c’è la promessa di non dover subire attese fastidiose se non addirittura pericolose per la propria salute.

Ma è inevitabile che si creino liste di attesa così lunghe? E che si può fare per eliminarle o ridurne i tempi? Voi che pensate e che proponete?

Io la penso così...

Provate a versare in un lavandino più acqua di quanto lo scarico o il troppo pieno riescano a far defluire: che succede? Che l’acqua esonda e allaga il bagno! E se vi è un grosso ingorgo su una strada che succede? Che si forma una coda che potenzialmente si potrebbe allungare all’infinito se l’ingorgo non venisse risolto a meno che gli automobilisti informati prendano un’altra strada, ma poi anche questa si riempierebbe e il traffico si bloccherebbe in tutta l’area. Quando poi vogliamo prenotare un buon ristorante o assistere a uno spettacolo e vi sono delle liste di attesa, perché queste si creano? Perché la domanda è maggiore dell’offerta dei posti. E perché la lista non cresce all’infinito? Perché oltre un certo limite le persone preferiscono rinunciare invece che aspettare, e fanno a meno di quel ristorante o a quello spettacolo e scelgono qualcos’altro.

L’equilibrio dell’ampiezza di una coda di attesa è data quindi dall’equilibrio del rapporto tra i volumi di domanda e di offerta e il rapporto tra l’utilità della prestazione e la disutilità dell’attesa. Se non ci fossero delle rinunce le code di attesa, rimanendo costanti domanda e offerta,  aumenterebbero all’infinito, ma così non accade mai perché la disutilità annullerebbe l’utilità e quindi ridurrebbe sempre più la domanda. Ma l’offerta rimarrebbe in ogni caso costante e quindi continuerebbe a poter soddisfare solo una quota della domanda pari all’offerta stessa.

Ciò significa che la lista di attesa di un sistema sanitario “chiuso”, cioè senza la possibilità di ricorrere all’esterno, come strumento per gestire le code, ha come unico effetto quello di disincentivare la domanda e se si riuscisse però a fare in modo che la domanda fosse contenuta  con altri sistemi al suo sorgere, allora la lista di attesa sarebbe pressoché eliminata.  Allora ci si deve chiedere: è giusto contenere comunque la domanda? E porsi anche la  subordinata: è giusto contenerla con delle liste di attesa? Al primo quesito la risposta può essere positiva solo se il contenimento della domanda opera sulla sola quota di inappropriatezza altrimenti significherebbe creare una perdita di assistenza, al secondo quesito invece la risposta è meno immediata.

Se l’utente infatti fosse realmente in grado di valutare l’utilità assistenziale della prestazione oltre alla disutilità complessiva della stessa, allora la lista di attesa contrarrebbe solo la quota di domanda a più scarsa utilità o addirittura a utilità negativa. Ma siccome l’utente non è e non può considerarsi capace di valutare l’utilità clinica, questo deve essere fatto necessariamente dal prescrittore. In questo modo ci sarà una quota di domanda gestibile immediatamente con una parte dell’offerta e per la rimanente quota l’offerta potrà poi soddisfare una domanda di ridotta necessità.

Ciò significa che l’accesso alle prestazioni governato dal prescrittore non deve riguardare l’urgenza bensì l’utilità anche se l’urgenza deve considerarsi come parte dell’utilità. Al di là di tutto ciò se rimangono ancora delle liste di attesa importanti significa che o il prescrittore non è stato capace di indicarne correttamente l’utilità o il sistema non è riuscito a prenderne atto o infine che l’offerta è realmente sottodimensionata rispetto alle necessità cliniche reali e quindi deve essere ampliata.

I due punti critici del governo delle liste d’attesa sono quindi la capacità del prescrittore e del sistema di gestire i criteri di utilità e la disponibilità di risorse per dilatare l’offerta laddove la domanda realmente necessaria non riesca ad avere risposta senza l’ostacolo delle liste di attesa.

Non insistano perciò i venditori di chimere a prometterci la riduzione delle liste d’attesa senza dirci con chiarezza come pensano di far aumentare il livello di appropriatezza delle prescrizioni e senza dire ai cittadini che lo Stato, giustamente, non deve coprire la loro quota di domanda di prestazioni inappropriate ed è giusto che sia lo Stato, fondandosi sulla medicina basata sulle prove di efficacia, e non il cosiddetto “popolo”, a dire se una prestazione sia o meno appropriata.

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