Abstract

This paper presents an update of last year analysis of COVID in sub-Sahara Africa (SSA). The number of confirmed cases and deaths has dramatically increased, partially driven by the expanded diagnostic capacity, but it is an unknown undercount of people infected: we are blind with respect to the real size of the pandemic. The aggregate numbers mask a substantial heterogeneity: South Africa accounts for almost half of the cases in the region; Ethiopia, the second top country in the ranking, follows from afar, with only 6% of reported cases. There are signs that the third wave of COVID, driven by the more transmissible Delta variant, is easing off.
The concerns that the pandemic would have affected more severely the most vulnerable populations (refugees and internally displaced persons) have not been confirmed: there is no evidence of hospitals overwhelmed nor of high mortality in humanitarian settings, a pattern that has not found an explanation.
As of now, only 1% of African has been vaccinated, a sign of vaccine inequity and of ‘a catastrophic moral failure’ of rich countries, which have secured a surplus of hundred million COVID vaccines that they cannot use.
The combined effects of the pandemic and control measures have been particularly severe in SSA economies, where underemployment and job insecurity prevail. Reduced export of commodities, collapse of tourism and agriculture, decline of foreign investment, aid, and remittances have driven million Africans in extreme poverty. The international financial institutions have shifted their strategies from austerity to a strong package of grants and concessional loans to support poor countries, including those in SSA, to cope with the immediate consequences of the pandemic, under the lemma ‘vaccine policy is the most important economic policy’.

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Riassunto

Questo articolo presenta un aggiornamento dell’analisi dello scorso anno sul COVID nell’Africa sub-sahariana (SSA). Il numero di casi e dei decessi confermati è drammaticamente aumentato, in parte spinto dall’ampliata capacità diagnostica, ma si tratta di una sottostima di persone infette: siamo ciechi rispetto alle reali dimensioni della pandemia. I numeri aggregati mascherano una sostanziale eterogeneità: il Sudafrica rappresenta quasi la metà dei casi nella regione; l’Etiopia, il secondo Paese in classifica, segue da lontano, con solo il 6% dei casi riportati. Ci sono segni che la terza ondata di COVID, causata dalla variante Delta, più trasmissibile, si stia attenuando.
Le preoccupazioni che la pandemia avrebbe colpito più gravemente le popolazioni più vulnerabili (rifugiati e sfollati) non sono state confermate: non ci sono prove di ospedali sovraccaricati né di alta mortalità in contesti umanitari, un andamento che non trova spiegazioni.
A oggi, solo l’1% della popolazione africana è stata vaccinata, segno di un’iniquità vaccinale e di “un catastrofico fallimento morale” dei Paesi ricchi, che si sono assicurati un surplus di centinaia di milioni di vaccini anti-COVID che non possono utilizzare.  
Gli effetti combinati della pandemia e delle misure di controllo sono stati particolarmente gravi nelle economie della SSA, dove prevalgono la sottoccupazione e l’insicurezza del lavoro. La riduzione delle esportazioni di materie prime, il crollo del turismo e dell’agricoltura, il declino degli investimenti stranieri, degli aiuti e delle rimesse hanno spinto milioni di africani in estrema povertà. Le istituzioni finanziarie internazionali hanno spostato le loro strategie dall’austerità a un forte pacchetto di aiuti e prestiti agevolati per sostenere i paesi poveri, compresi quelli della SSA, per far fronte alle conseguenze immediate della pandemia, secondo il lemma “la politica dei vaccini è la politica economica più importante”.

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