Ci sono i decessi “per” covid e quelli “con” covid, e poi ci sono i decessi “senza” covid. Quali dobbiamo conteggiare per valutare l’effetto della pandemia? La visione di chi scrive, in linea con le statistiche di Eurostat (1) e con molti osservatori che hanno lamentato che per via della pandemia si stia trascurando la cura di altre patologie (con inevitabili ricadute anche in termini di mortalità), è che per avere una idea complessiva degli effetti della pandemia (e non solo quelli diretti del virus) si debba guardare alla mortalità totale, ed in particolare a qualche indicatore di eccesso di eventi. Come dice Eurostat, “The excess mortality indicator highlights the magnitude of the health crisis by providing a comprehensive comparison of additional deaths … this approach gives a general measure of the impact of the crisis on the mortality rate because it includes all deaths regardless of their cause” (1).

A scanso di equivoci conviene subito osservare che questa impostazione si discosta sia dal numero di decessi che vengono quotidianamente segnalati (ad esempio) dalla Protezione Civile sia dalle scelte di registrazione e conteggio centrate più restrittivamente sugli effetti “diretti” del virus che sono state adottate in molti paesi, scelte che rendono spesso poco (o nulla) confrontabili le statistiche che vengono prodotte.

L’operazione che ci si appresta a compiere appare semplice ma lo è solo in apparenza perché richiede il realizzarsi di alcune condizioni di cui la prima, e più importante, è il sistema informativo. Su questo, come noto, ci viene in aiuto ISTAT, che recentemente, il 21 ottobre 2021 (2), ha messo a disposizione in formato elettronico un dataset con i decessi giornalieri per qualsiasi patologia avvenuti in ogni singolo comune di residenza (per sesso e classi di età quinquennali) per il periodo che va dal 1 gennaio 2011 al 31 agosto 2021 per tutti i 7.903 Comuni italiani, base di dati che, per prudenza e per evitare eventuali problemi di incompletezza dei dati più recenti, sono stati qui esplorati per i deceduti entro il 30 giugno 2021.

Avuti i dati ci si deve poi porre il problema del confronto tra il numero di decessi totali osservati ed il numero di decessi totali che sarebbe stato ragionevole attendersi se la pandemia non ci fosse stata. Da questo punto di vista, a differenza di quanto fatto da altri che hanno usato come riferimento la media dei decessi registrati nel periodo 2015-2019 (3) oppure 2016-2019 (1), in questo esercizio sono stati considerati quattro riferimenti: i tassi di mortalità del 2019, i tassi medi del 2018-2019, i dati medi del periodo 2015-2019, l’andamento dei tassi nel periodo 2011-2019 (proiettati in seguito al 2020 e 2021). Inoltre, per garantire che il confronto produca risultati corretti (4), non è sufficiente utilizzare i soli casi di decesso del totale della popolazione perché questo approccio trascura l’evoluzione in termini di età della popolazione stessa: ecco perché nel presente contributo si è fatto ricorso ai tassi di decesso specifici per età (e da già che ci siamo, anche per genere). Tutte le popolazioni sono riferite al 1 gennaio di ogni anno (demo.istat.it).

Infine, per calcolare quanto sarebbe stata la mortalità nel periodo della pandemia nell’ipotesi che la pandemia non ci fosse stata (“casi attesi”) sono stati moltiplicati i tassi specifici (per età e sesso) dei periodi di riferimento per la popolazione (per età e sesso) degli anni 2000 e 2001 (quest’ultimo fino al 30 giugno): la differenza tra il numero di decessi totali osservati ed il numero di decessi totali attesi costituisce l’effetto attribuibile alla pandemia.

La differenza tra i decessi totali osservati e quelli attesi varia molto in funzione del riferimento che si sceglie (tabella 1): si passa dai circa 71.000 casi (se si considera come riferimento il tasso medio del periodo 2015-2019) ai circa 104.000 casi (se si considera come riferimento il tasso medio del periodo 2018-2019), ai poco più di 104.000 casi (se si considera come riferimento il tasso del periodo 2019) fino ai circa 128.000 casi (se si considera come riferimento l’andamento del tasso nel periodo 2011-2019 proiettato al 2020 e 2021). Quale sarà il numero giusto?

tabella_uno.jpg
Tabella 1. Effetto della pandemia sulla mortalità totale, per età, nel periodo 1.1.2020-30.06.2021: differenza tra il numero di decessi osservati ed il numero di decessi attesi secondo quattro diversi riferimenti.

 

Nota Bene. Se anziché i tassi specifici per età si fossero usati per il calcolo dei decessi attesi i tassi totali grezzi, mentre per la stima che tiene conto dell’andamento 2011-2019 avremmo ottenuto un valore simile (127.000), per le altre tre ipotesi avremmo ottenuto valori decisamente più alti (rispettivamente: 132.000, 144.000 e 147.000).

Premesso che avere usato nella analisi i tassi specifici per età e genere ci rassicura che i risultati emergenti non trovano spiegazione nell’invecchiamento, differenziale per genere, della popolazione, la differenza tra osservato ed atteso andrebbe pertanto attribuita all’effetto complessivo della pandemia. Le prime tre ipotesi (tassi 2019, tassi medi 2018-2019, tassi medi 2015-2019), però, non tengono conto dell’andamento temporale della mortalità, perché ipotizzano che i tassi del 2020-2021 siano uguali ai rispettivi tassi degli anni presi come riferimento; la quarta ipotesi invece (andamento dei tassi nel periodo 2011-2019 e loro successiva proiezione al 2020 e 2021) tiene conto dell’andamento temporale dei tassi, andamento che per tutte le classi di età (ad esclusione della classe 95-99) è in netta discesa col passare del tempo (si veda il valore negativo della correlazione riportato nell’ultima colonna della tabella 1).

A titolo di esempio della necessità di tenere conto degli andamenti dei tassi nel tempo (oltre che dell’età) si considerino la figura 1, riferita al totale della classe di età 90-94 anni, e la figura 2, riferita al totale di tutte le età.

figura_uno.jpg
Figura 1. Andamento nel tempo (2011-2019) dei tassi di mortalità. Classe di età: 90-94 anni; genere: maschi e femmine.
figura_due.jpg
Figura 2. Andamento nel tempo (2011-2019) dei tassi di mortalità. Classe di età: tutte le età; genere: maschi e femmine.

Per chi scrive, considerato l’andamento dei tassi di mortalità nel tempo, l’ipotesi più ragionevole per calcolare i casi attesi in assenza di pandemia è quella che considera l’andamento nel tempo dei tassi dal 2011 al 2019 e li proietta nel 2020 e 2021, e che pertanto si debba indicare in circa 128.000 decessi (tra il 1.1.2020 ed il 30.06.2021) l’effetto potenziale complessivo della pandemia sulla mortalità totale. Con l’impostazione scelta è chiaro che si tratta di “effetto complessivo della pandemia” e non di “morti per covid”: quando saranno disponibili i dati ISTAT specifici per patologia si potrà risolvere anche questo quesito.

Dalla tabella 1 emerge anche la considerazione che la pandemia ha agito diversamente nelle differenti età: fino a circa 35 anni la mortalità osservata è risultata inferiore alla attesa, e solo a partire da questa età si cominciano a contare decessi che possono essere attribuiti alla pandemia.

Volendo aggiungere qualche dettaglio ai risultati si può dire che dei circa 128.000 decessi in più circa 96.000 (tasso 16,1 x 10.000) sono avvenuti nel 2020 e circa 32.000 (tasso 10,3 x 10.000) sono riferiti ai primi sei mesi del 2021; circa 74.000 (tasso 16,8 x 10.000) hanno interessato gli uomini e circa 54.000 (tasso 11,6 x 10.000) hanno riguardato invece le donne.

Come ulteriore elemento di discussione, oltre ai dati ISTAT possiamo guardare i dati sui decessi così come comunicati giorno per giorno dalla Protezione Civile e presenti nel database MADE. Alla data del 30 giugno 2021 risultavano 127.566 soggetti deceduti “covid”, una cifra molto vicina a quella qui stimata: sono confrontabili i due numeri? Se da una parte è chiaro che il file di ISTAT, salvo errori o incompletezze, contiene l’insieme dei decessi per qualsiasi patologia, dall’altra è ragionevole ritenere che i deceduti segnalati dalla Protezione Civile contengano morti “per” covid, morti “con” covid, e morti “senza” covid, con un grado di completezza (o incompletezza) che non è possibile stabilire (e che probabilmente è anche cambiato nel tempo). Tra le stime qui proposte ed i dati sui decessi forniti dalla Protezione Civile si registra di fatto una sostanziale coincidenza, a prescindere dagli ignoti motivi che ne sono all’origine.

Riferimenti

  1. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Excess_mortality_-_statistics (pagina esplorata il 19 novembre 2021)
  2. https://www.istat.it/it/archivio/240401
  3. ISTAT, ISS: Impatto dell’epidemia covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente periodo gennaio-novembre 2020. 30 dicembre 2020
  4. Gori E, Marin R: NUMERI COVID/ Morti +15,6%, tasso di mortalità +8,3%: la differenza che inganna. IL SUSSIDIARIO Domenica 11 aprile 2021
          Visite