Il problema

Il processo migratorio – tutto ciò che accade dalla partenza all’arrivo – è un fattore di rischio noto per la salute delle popolazioni migranti fin dai tempi delle prime grandi migrazioni della seconda metà del XIX secolo. La poca attenzione storicamente dedicata allo studio di questo fattore di rischio è giustificata dalla breve durata del tempo di migrazione fin quasi alla fine dello scorso millennio e, quindi, dal suo relativamente modesto impatto sulla salute rispetto a quello dei nuovi fattori di rischio a cui, a compimento della migrazione, erano esposte le persone immigrate. Nel terzo millennio, però, le caratteristiche del processo migratorio hanno subito una profonda modificazione, soprattutto per quanto riguarda la sua durata (da giorni/settimane a mesi/anni) e la numerosità e intensità dei rischi per la salute. Perciò è giustificato – anzi, indispensabile – dare nuovo impulso alla ricerca epidemiologica per produrre la conoscenza necessaria alla prevenzione e alla mitigazione degli effetti delle nuove modalità di migrazione.

Le difficoltà di studio

È problematico delimitare la popolazione in studio. Le vie (dai Balcani, dalla Libia, dalla Grecia, dalla Tunisia) e le modalità (visti turistici, visti di lavoro, nessun visto) di ingresso in Italia delle popolazioni migranti sono molteplici ed è ragionevole assumere che sia le vie sia le modalità d’ingresso possano selezionare popolazioni diversamente esposte ai rischi del processo migratorio.
È praticamente impossibile adottare un disegno di studio prospettico o prospettivo-storico. Non esistono (fino a prova contraria) dati affidabili sulla composizione dei gruppi che cominciano un processo migratorio. Inoltre, i gruppi di popolazioni migranti sono soggetti a nuovi ingressi e a uscite, non documentati, nel corso della migrazione. La definizione dei denominatori per il calcolo delle frequenze relative è, quindi, problematico se non impossibile.
Ogni lista a priori degli esiti di salute sarebbe incompleta e arbitraria e le relative informazioni deriverebbero, di regola, da fonti di affidabilità incerta e poco o per nulla verificabili. Gli esiti fatali delle esposizioni a fattori nocivi durante la migrazione sono particolarmente difficili da rilevare e includere nelle analisi.
Non sono ancora disponibili strumenti di analisi inferenziale applicabili alle osservazioni condotte su popolazioni molto mal definite, mutevoli e non assoggettabili a follow-up.
Cionondimeno, è necessario sperimentare modalità specifiche di osservazione epidemiologica per documentarne la validità e la fattibilità o, in alternativa, per esplicitare le carenze di metodo che è necessario superare per rendere possibile tale osservazione.1

I primi tentativi di osservazione epidemiologica

Nel 2018, è stato costituito il gruppo di lavoro sulla salute delle popolazioni migranti dell’Associazione italiana di epidemiologia (AIE-migrazione). Il gruppo ha svolto un intenso lavoro di descrizione dello stato di salute delle popolazioni immigrate e dei fattori di rischio a essa correlati utilizzando i dati raccolti dagli studi longitudinali metropolitani.2 L’anno successivo, in occasione del convegno dell’AIE, è stato formato un sottogruppo di lavoro, denominato “Nocività del processo migratorio”, per estendere l’attenzione anche alle popolazioni migranti propriamente dette, cioè a coloro che hanno ancora in corso la migrazione. Il primo prodotto del sottogruppo è consistito in una proposta appena abbozzata di un’indagine da condurre nei punti d’ingresso in Italia delle popolazioni migranti mediante intervista semi-strutturata. Scopo dell’indagine è la raccolta retrospettiva di informazioni sulle variazioni dello stato di salute nel corso della migrazione e sui loro possibili determinanti. La proposta non ha potuto avere lo sviluppo operativo desiderato a causa della limitazione alle attività collettive prodotta dalla pandemia di COVID-19.
A novembre 2021, su suggerimento dei componenti piemontesi del sottogruppo, è stato stabilito un contatto con le ONG di volontariato Rainbow 4 Africa (R4A), Medici per i diritti umani (MEDU) e NutriAid, che prestano assistenza sanitaria in alcuni ambulatori dell’Alta Valle di Susa a favore dei e delle migranti che, provenienti perlopiù dalla rotta balcanica (ma non solo), transitano dal Piemonte occidentale diretti in Francia. L’intenzione del sottogruppo è stata, in origine, di proporre alle associazioni una collaborazione reciprocamente vantaggiosa per l’analisi dei dati da loro già raccolti adottando un disegno che consentisse di soddisfare le esigenze conoscitive di tutti i gruppi partecipanti. 

La costruzione del nuovo sistema informativo

L’esplorazione preliminare dei dati già disponibili e delle modalità in uso per la loro raccolta, archiviazione e consultazione ha messo in evidenza difetti strutturali, la cui soluzione richiedeva la ridefinizione del sistema informativo (SI) in uso presso le tre associazioni.3 È conseguita a ciò la necessità di spostare avanti nel tempo gli obiettivi originariamente identificati della collaborazione per consentire, in via prioritaria, la progettazione e lo sviluppo di un nuovo SI in grado di standardizzare e unificare (o, in subordine, rendere interoperativi) il contenuto informativo e le procedure di raccolta dei dati delle tre associazioni attive in Alta Valle di Susa.
Dopo una verifica con le tre associazioni per la messa a punto e la condivisione degli aspetti di merito e di procedura, è stata avviata la progettazione del nuovo SI, pensato per essere funzionale sia alla gestione delle procedure assistenziali delle tre associazioni sia agli obiettivi di ricerca comuni tra le stesse e il sottogruppo di lavoro dell’AIE. Particolare cura è stata dedicata alla qualità, completezza, riservatezza, protezione e portabilità delle informazioni raccolte.
Lo sviluppo del nuovo SI – che è già stato avviato – prevede la sua articolazione per moduli: 1. dati personali; 2. storia della migrazione; 3. visita medica adulto (≥19 anni); 4. visita medica pediatrica (0-18 anni). È previsto lo sviluppo di un quinto modulo (assistenza legale) dopo che ne saranno state definite le caratteristiche principali insieme agli specialisti che attualmente erogano questa specifica assistenza. Ulteriori moduli potranno essere aggiunti per soddisfare esigenze assistenziali o conoscitive emergenti. Le principali caratteristiche attese del nuovo SI sono:

  • la semplificazione delle procedure di acquisizione e registrazione dei dati;
  • l’anonimato dell’utenza;
  • l’unificazione dei record riferiti a uno stesso soggetto;
  • la portabilità dei dati su package analitici;
  • la possibilità di analisi per gruppi famigliari;
  • l’idoneità dell’applicativo agli scopi gestionali delle associazioni.

Per ufficializzare e regolamentare i rapporti tra gli enti coinvolti nelle attività sopra descritte, è stato stipulato un accordo di collaborazione scientifica tra il Dipartimento di scienze cliniche e biologiche dell’Università di Torino, l’Associazione italiana di epidemiologia e le associazioni R4A, MEDU e NutriAid.

L’indagine pilota

Con l’ausilio del nuovo SI, sarà possibile condurre un’indagine pilota finalizzata a verificare la fattibilità di una survey multicentrica disegnata per individuare gli obiettivi di conoscenza realisticamente raggiungibili, per calibrare gli strumenti convenzionali e sperimentali di indagine e analisi dei dati, per stabilire ambiti e modalità delle collaborazioni utili. L’indagine pilota si avvarrà di interviste semi-strutturate dei soggetti che si rivolgono ai centri sanitari gestiti nell’Alta Valle di Susa dalle tre associazioni di volontariato protagoniste della collaborazione con il gruppo di lavoro AIE. L’intervista è definita semi-strutturata, poiché intesa come colloquio informale condotto da personale consapevole delle finalità dell’indagine pilota e addestrato all’uso delle tecniche dell’indagine sociale. Una prima lista delle informazioni da ricavare dal colloquio – da riformulare sia per tener conto delle esigenze di riservatezza dei soggetti intervistati sia per non intralciare l’efficiente erogazione dell’assistenza richiesta dagli intervistati – è la seguente:

  • demografia (età, genere, scolarità, occupazione);
  • storia della migrazione (Paese di residenza abituale, data d’inizio della migrazione, cronologia e geografia del percorso migratorio, modalità di spostamento e mezzi di trasporto utilizzati, Paese di destinazione sperato);
  • motivazioni alla migrazione (povertà, persecuzione, guerra, crisi climatica, carestia, ...);
  • attività lavorative svolte in itinere (volontarie e non);
  • limitazioni della libertà subite;
  • condizioni morbose note all’avvio della migrazione;
  • principali eventi sanitari in itinere (febbre; dissenteria; traumi accidentali; violenze; malattie respiratorie, infettive, parassitarie; turbe psichiche o del comportamento, ...);
  • ricoveri, interventi chirurgici, trattamenti farmacologici.

Considerazioni e prospettive

Restringere l’osservazione a un solo punto geografico – un piccolo tratto della frontiera nord-occidentale delle Alpi – amplifica i limiti di selezione sia della popolazione osservata sia delle attività di assistenza messe in opera. È opportuno quindi volgere l’attenzione, in prospettiva, ai centri che, in punti diversi del territorio italiano, intercettano gruppi di popolazioni migranti che entrano nel nostro territorio nazionale vuoi come termine vuoi come transito del loro progetto migratorio. L’eventuale inclusione nello studio di un centro del Friuli Venezia Giulia, che accoglie le popolazioni migranti provenienti dalla rotta balcanica, e di un centro della Sicilia, dove giungono le popolazioni migranti provenienti dalla rotta del Mediterraneo centrale, aumenterebbe significativamente le dimensioni e la rappresentatività della popolazione osservata. Per queste ragioni, sono già stati avviati contatti sia con i colleghi del centro di Trieste, che porta avanti un’attività di assistenza analoga a quella erogata in Val di Susa, sia con i colleghi della Regione Siciliana, che nella UOC Salute globale della ASP di Trapani ospitano un centro impegnato nell’accoglienza delle popolazioni migranti. La produttività di questo potenziale sforzo di collaborazione tra centri trova un vincolo nella capacità di dialogo dei rispettivi SI.
Le prospettive del lavoro avviato sono ambiziose, perché guidate da una visione di rete che trova il suo fulcro nell’uso di standard comunicativi e nella compatibilità informatica tra i diversi centri di accoglienza dislocati sul territorio nazionale, in modo da migliorare la governance delle attività assistenziali e da favorire lo sviluppo e l’integrazione delle attività di ricerca scientifica connesse. Questa integrazione potrebbe rivelarsi cruciale per il riconoscimento dei fattori di rischio e dei danni alla salute connessi ai processi migratori e potrebbe, quindi, contribuire a promuovere politiche di prevenzione e di migliore assistenza alle persone migranti. Per restare con i piedi per terra, si procederà un passo alla volta, provando a guadagnare a ogni passo la credibilità necessaria per tentare il passo successivo.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Bisanti L. Occorrono nuovi strumenti d’indagine per contribuire alla tutela della salute dei migranti. Epidemiol Prev 2019;43(4):213-14.
  2. Petrelli A, Di Napoli A (eds). Salute degli immigrati e disuguaglianze socioeconomiche nella popolazione residente in Italia valutate attraverso la rete degli Studi Longitudinali Metropolitani. Epidemiol Prev 2019;43(5-6) Suppl 1:1-80.
  3. Destefanis C. Il percorso migratorio lungo il confine Nord-Occidentale delle Alpi: come raccogliere i dati per il monitoraggio sanitario delle persone in transito. Tesi di laurea. Università di Torino, Scuola interdipartimentale di scienze strategiche.
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