A 30 anni dalla legge 257/92 che ha bandito l’amianto in Italia, nonostante l’accertata pericolosità delle sue polveri che inducono mesoteliomi e altri carcinomi, la strada per il riconoscimento delle responsabilità penali di chi ha causato l’esposizione di lavoratori e cittadini all’amianto è ancora disseminata di ostacoli. Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità le vittime dell’amianto nel nostro Paese sono circa 4.400 ogni anno; molte di loro insieme al danno biologico subiscono anche il torto di un sistema giudiziario che non riesce a individuare le responsabilità per quelle morti e per le malattie correlate, e forse nemmeno vuole farlo. Oltre alla lunghezza dei processi, sorprende la discrepanza di giudizio in tribunale per situazioni simili – e in alcuni casi addirittura identiche – di esposizione alla fibra; accade infatti che processi con vittime diverse, ma con gli stessi imputati responsabili della gestione degli stessi stabilimenti, abbiano dato esito a sentenze opposte, di innocenza o colpevolezza.

Sono queste le ragioni che hanno spinto numerose associazioni di vittime dell’amianto insieme a giuristi, tecnici ed epidemiologi a organizzare in un’aula del Senato a Roma lo scorso 13 maggio il convegno Amianto e mesotelioma: tutti innocenti? Occorre infatti rimediare all’impasse scientifico-giuridica che impedisce l’individuazione dei responsabili per le vittime dell’amianto nei luoghi di vita e di lavoro.

I processi s’incagliano soprattutto in Corte di Cassazione, dove più che sulle circostanze ci si concentra sulla sostanza del reato e quindi sull’esplicitazione del “nesso causale” fra esposizione e malattia. Su questo giocano i periti delle difese, richiedendo di indicare “scientificamente” il momento esatto in cui è insorto il carcinoma da amianto per risalire ai dirigenti responsabili dell’esposizione in quel preciso ed esclusivo lasso di tempo. E, poiché non si può condannare nessuno senza certezza o senza almeno un’alta probabilità logica qualificata che sia assolutamente responsabile del reato di cui è imputato, per allontanare o eludere tale certezza si arriva a mettere in discussione i concetti di base della cancerogenesi.

La prima mossa a difesa degli imputati è consistita nel tentativo di confutare la teoria multistadio della cancerogenesi, condivisa da tutto il mondo scientifico, riducendone la complessità a un’unica causa biologica riassunta nel concetto di trigger dose sostenuto dalle difese per l’individuazione esatta del momento in cui la vittima avrebbe respirato quell’unica dose di fibra che avrebbe innescato la malattia.

Dopo che la trigger dose è stata definita da una sentenza di Cassazione del 2015 «frutto di un artificio», la seconda mossa è stata la richiesta di identificazione del periodo di inizio e termine di induzione della cancerogenesi per stabilire il nesso causale fra esposizione e malattia; ma anche questa richiesta (la dimostrazione del periodo esatto di insorgenza della malattia) è fuori della portata delle scienze, che al massimo possono farne una stima di probabilità.

L’induzione e la trigger dose sono astrazioni: non si può definire l’inizio preciso della cancerogenesi e non accade di ammalarsi di mesotelioma, né che una cellula diventi maligna, a causa di un unico singolo evento di esposizione così come non si può individuare un momento oltre il quale, sviluppatasi la malattia, ogni successiva esposizione alle fibre di amianto non rechi più ulteriori danni alla salute. In ogni caso, se anche non si può individuare il periodo di induzione, i dati epidemiologici dimostrano comunque un’anticipazione d’insorgenza della malattia – o un’accelerazione della patogenesi – nei soggetti esposti ad amianto, a dimostrazione del danno causato dall’esposizione.

La terza mossa delle difese è stata a questo punto la confutazione dei fenomeni di anticipazione e accelerazione, affermando che i dati di statistica epidemiologica non si possono ricondurre al singolo caso. Si tratta anche in questo caso di un’affermazione pseudoscientifica: tutti i modelli epidemiologici mostrano che se si aumentano periodo e/o dose dell’esposizione a un cancerogeno, aumenta l’incidenza e si anticipano anche l’insorgere della malattia e la morte nelle persone esposte. La confutazione di questa evidenza porta a distorsioni gravi: confrontando solo singoli casi e non medie ponderate può risultare che alcuni dei più esposti sopravvivano più a lungo di alcuni dei meno esposti, ovvero che l’inalazione di fibre di amianto, cancerogeno noto, sia addirittura benefica.

Le proposte

I promotori del Convegno del 13 maggio 2022, chiedono perciò che la valenza delle argomentazioni sostenute rispettivamente dalle difese e dalle parti civili sia decisa dalla Cassazione a Sezioni Unite, perché è inconcepibile che vi siano controversie su concetti scientifici affermati in campo internazionale e che sulla base di queste controversie si arrivi nei tribunali italiani a sentenze tanto divergenti in contesti identici. Questo dualismo ha portato a un sistema giuridico schizofrenico in tema di morti per amianto, perché giudici, tribunali e corti di merito hanno recepito acriticamente soluzioni frettolosamente proposte dalla Corte di Cassazione per trarsi d’impaccio dagli equivoci di natura scientifica.

Rivedendo le sentenze dell’ultimo decennio, sembra che fino al 2012 fosse possibile individuare colpe e responsabilità anche in Cassazione, mentre successivamente c’è stata un’inversione delle letture processuali le quali, accogliendo le eccezioni delle difese, affermano che nei casi di mesotelioma pleurico occorre provare l’inizio e la fine dell’induzione

Su questa base giuridica molti processi si concludono con assoluzioni, non perché non siano provate l’esposizione e l’inadempienza di dirigenti e responsabili che non hanno applicato le leggi di tutela della salute nei luoghi di lavoro – a cominciare dal DPR 303 del 1956 che afferma che i lavoratori vanno “resi edotti” dei rischi che corrono essendo esposti a polveri o altri agenti nocivi e che comunque devono essere protetti – quanto perché non avendo contezza del periodo dell’induzione, non si può individuare il responsabile.

I promotori del Convegno di Roma, oltre alla volontà di denuncia della situazione, avevano e hanno soprattutto intenzione di fornire agli operatori del diritto riferimenti chiari e affidabili, gli stessi richiesti dalla Corte di Cassazione che invita a ricercare le leggi biologiche ed epidemiologiche maggiormente condivise all’interno della comunità scientifica e impone al giudice di merito di utilizzare e applicare quelle leggi a ogni singolo caso. Quelle leggi, basate su evidenze biologiche ed epidemiologiche, esistono e sono condivise dalla comunità scientifica, e sono messe in discussione solo nei tribunali. 

Le questioni scientifiche permeano ormai i processi penali, ma deve essere palese a giudici e giuristi che non si potrà mai arrivare al 100 % di certezza scientifica. È palese anche il bisogno di una maggiore trasparenza delle visioni all’interno del mondo scientifico per indirizzare quegli stessi giudici e giuristi a formulare giudizi e interpretazioni basati sulla certezza del reato oltre ogni possibile equivoco su questioni di scienza. Alcune evidenze – la teoria multi-stadio, l’accelerazione, l’utilizzo dell’epidemiologia sul singolo caso – non possono più essere messe in discussione e su queste occorre che i tecnici si attrezzino e producano un documento comune con linee guida aventi valenza all’interno delle aule di giustizia, per dare il corretto peso e attribuire la relativa fondatezza alle diverse visioni proposte in giudizio. 

Un apporto fondamentale può essere dato però solo da tecnici che collaborano a questo obiettivo senza conflitto di interessi e in maniera indipendente. In modo altrettanto indipendente la Magistratura deve continuare a ispirarsi ai principi costituzionali di tutela del lavoro e della salute e questo va chiarito già in fase di preparazione e formazione, anche etica, dei giudici. Solo queste precondizioni permetteranno ai tecnici di fornire ai magistrati gli strumenti necessari, e ai magistrati le doti per utilizzarli garantendo verità e giustizia nei processi per le morti da amianto.

Conflitti di interesse dichiarati: l’autore è membro di Medicina Democratica, fra i promotori dell’evento.

Gli atti del Convegno Amianto e mesotelioma: tutti innocenti? saranno pubblicati a breve. 
Informeremo i lettori e le lettrici attraverso il sito di E&P. Già da ora è disponibile la videoregistrazione 
del convegno:
sessione del mattino
sessione del pomeriggio

Segnaliamo anche il video  della brano realizzato dai ragazzi dell’istituto “Filippo Santagata” 
di Gricignano di Aversa, vincitore del concorso “Scrivi un testo sull'amianto e il diritto alla salute” promosso da AIEA Onlus, Sportello Amianto Nazionale, Medicina Democratica, con il patrocinio del Coordinamento nazionale amianto, nell’ambito della Campaga di sensibilizzazion sull'amianto.

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