Tratto da: Pitrelli N, Tallacchini M. Educazione civica alla scienza. Torino, Codice (forthcoming)

Spiegare in modo comprensibile e corretto l’incertezza, invece di insistere solo sul “rassicurare” cittadini di fatto trattati come incapaci di ragionamento adulto, è importante non solo per evitare, da parte di scienziati e decisori politici, i continui passi indietro su presunte certezze che si rivelano prontamente fallaci, ma anche per non fomentare i pensieri complottisti e antivaccinisti.
Spiegare l’incertezza, però, non significa solo illustrare scenari con previsioni scientifiche differenti. Una parte importante nella condivisione di conoscenza consiste nel mostrare caratteristiche e limiti degli strumenti di indagine e calcolo utilizzati dalla scienza, in particolare – nel contesto della complessità pandemica – la differenza tra ciò che emerge come statisticamente correlabile e la causalità reale. L’esempio di una recente vicenda istituzionale e mediatica può spiegare meglio il punto. 
In un’audizione alla Commissione affari costituzionali del Senato dell’8 dicembre 2021, facendo riferimento al Nono rapporto dell’Agenzia italiana per il farmaco (AIFA) sulla farmacovigilanza,1 il Presidente di AIFA, prof. Giorgio Palù, ha menzionato le 608 «segnalazioni di esito infausto» – leggi: decessi — pervenute ad AIFA tra dicembre 2020 e settembre 2021 come potenzialmente correlate alla somministrazione di un vaccino anti-COVID. E ha aggiunto: «Correlate vuol dire che c’è stata l’autopsia e che il medico che ha autopsiato ha detto: “sì, non trovo altra causa e può essere il vaccino”».2 
Le parole di Palù hanno suscitato preoccupazione e polemiche immediate. Da una parte l’esultanza degli antivaccinisti sui social; dall’altra, fact-checker “rassicuratori” hanno svelato subito l’errore dello scienziato. Il rapporto AIFA, infatti, precisa che, dei 608 decessi segnalati, solo 16 risultano statisticamente confermati. 
La “svista” di Palù, oltre all‘omissione del numero 16, è consistita nell‘affermare che in tutti i casi segnalati fosse stata eseguita un‘autopsia che acclarava il nesso causale, un dato piuttosto irrealistico, dal momento che le autopsie non sono eseguite automaticamente, ma in relazione a particolari indagini diagnostiche o su richiesta dell‘autorità sanitaria o giudiziaria.3 Il Presidente di AIFA ha di fatto corretto la propria dichiarazione il giorno successivo all’audizione,4 ma non in tempo per impedire un’ondata mediatica che ha contrapposto 608 a 16: l’esultanza negativa per il “608” dei novax contro la scientificità oggettiva del “16” per i provax. Ma forse l’episodio esige uno sguardo più sfumato. 
Per ricostruire adeguatamente la vicenda è necessario considerare l’intera sequenza dei rapporti AIFA – dalla fine di dicembre 2020, quando sono iniziate le vaccinazioni, a settembre 2021 – perché alcune precisazioni fondamentali per l’interpretazione dei dati non sono state costantemente riproposte in tutti i rapporti. 
In particolare, nel Terzo rapporto sulla farmacovigilanza pubblicato a fine aprile 2021,5 AIFA ha spiegato con grande chiarezza che gli algoritmi utilizzati per determinare le correlazioni tra vaccini e reazioni/eventi avversi – rispettivamente l’esistenza individuata o la pura ipotesi di un legame causale – non ci dicono nulla della causalità reale, ma sono solo indicatori di “forza statistica” della relazione. L’algoritmo utilizzato da AIFA consiste in una procedura validata dall’Organizzaione mondiale della sanità (OMS) per la valutazione della causalità (causality assessment) che analizza quantità e qualità delle informazioni che consentono di formulare un giudizio.6 Questo può andare da A. associazione causale consistente con l’immunizzazione fino a C. associazione causale inconsistente con l’immunizzazione (coincidentale). L’associazione B. associazione causale indeterminata si ha quando, pur in presenza di informazioni adeguate, il caso non può essere assegnato né ad A. né a C.
Il documento dell’OMS che illustra l’algoritmo dichiara apertamente che gli specifici significati attribuiti a ogni termine di probabilità sono cruciali e che i giudizi individuali che attribuiscono un dato all’una o all’altra categoria possono differire sensibilmente. «Anche disponendo di informazioni adeguate, la precisione della causalità è largamente determinata dall’expertise, dall’esperienza e dalle capacità dei revisori. […] È possibile che gli stessi revisori pervengano a più di una conclusione sulla causalità».8 
AIFA ha, fra l’altro, potuto applicare l’algoritmo di correlazione statistica tra vaccinazione ed evento fatale solo nel 71,5% (435/608) dei casi per l’incompletezza dei dati disponibili, inclusa una serie di condizioni che, soprattutto nei primi mesi delle vaccinazioni, ancora non esistevano (come, per esempio, i casi precedenti e la specifica letteratura scientifica). L‘ente che provvede ad assicurare i requisiti di qualità, sicurezza ed efficacia di tutti i farmaci in Italia precisava peraltro nel Terzo rapporto: «È importante sottolineare che questo tipo di analisi è indicativo della "forza” statistica della correlazione temporale fra un evento e la somministrazione di un medicinale e non fornisce informazioni dirette sul nesso di causalità, che richiede necessariamente una valutazione clinica dei singoli casi»;9 ciò che Palù erroneamente ha dichiarato essere avvenuto per tutti i 608 casi.
L’intera questione può così essere meglio definita attraverso la spiegazione del funzionamento dell’algoritmo di valutazione della causalità e dei suoi limiti – ciò che certamente i rapporti AIFA fanno. A ciò si può aggiungere che tradizioni di science policy particolarmente attente alla trasparenza, come quelle a cui si richiamano i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) statunitensi, oltre a pubblicare i dati relativi ai casi, spiegano anche i limiti intrinseci dei sistemi di vaccinovigilanza passivi, cioè la raccolta e l’analisi delle segnalazioni spontanee: si tratta, per esempio, della frequente incompletezza delle informazioni inserite e della possibile sottostima dei casi rispetto ai numeri reali.10
Quali conclusioni si possono trarre dal caso mediatico del prof. Palù nella prospettiva di una comunicazione efficace della scienza? 
Che probabilmente i morti non sono 608, ma forse sono più di 16. Che questi restano i più affidabili metodi di calcolo probabilistico, con limiti specifici che devono essere resi noti e spiegati adeguatamente ai cittadini. Pensare che i numeri “parlino da soli” è, su entrambi i fronti – quello del 608 contro quello del 16 –, propaganda più che informazione e, dal nostro punto di vista, non saldare il divario tra questi numeri non corrisponde a un’adeguata “educazione civica alla scienza” e contribuisce ad alimentare il pensiero antiscientifico o complottista. 
La vera forza della conoscenza e della buona comunicazione nella “società della conoscenza” dovrebbe porgere il ragionamento scientifico e gli strumenti di calcolo di cui esso si avvale mostrandone l’effettiva articolazione e il funzionamento, inclusi i loro limiti soggettivi e oggettivi.

Nota aggiuntiva

Il 9 febbraio 2022, prima della pubblicazione di questo articolo, AIFA ha presentato il Rapporto annuale sulla sicurezza dei quattro vaccini anti-COVID-19 autorizzati (il decimo).11 Il Nono rapporto, pubblicato a novembre, riportava i dati fino al 26 settembre 2021, mentre il più recente documento copre l’intero anno dalla somministrazione delle prime dosi, dal 27 dicembre 2020 al 26 dicembre 2021. 
Il numero di segnalazioni ricevute relative a decessi è 758, rispetto ai 608 di settembre, con un campione di 580 casi valutabili con l’algoritmo dell’OMS. «Complessivamente», si osserva nel Rapporto, «sui 580 valutati sono risultati correlabili 22 (3,8%, circa 0,2 casi ogni milione di dosi somministrate), di cui 15 già descritti nei Rapporti precedenti»12 – ma, in verità, il Nono rapporto segnalava 16 casi statisticamente validati (i 16 all’origine della controversia sopra descritta).13 

Bibliografia e note

  1. AIFA. Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID-19. Numero 9. 27/12/2020-26/09/2021. Roma, AIFA, 2021; p.13.
  2. Giorgio Palù (AIFA): 608 morti da vaccino su 98 mln dosi vaccinali. Trascrizione dell’audizione al Senato. Disponibile all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=iyoA2ff4gWw (ultimo accesso: 13.02.2022).
  3. Il DPR n.285 del 10.09.1990 (Approvazione del Regolamento di Polizia Mortuaria) attua una distinzione terminologica (art.1.5) fra riscontro diagnostico (art.37) e autopsia giudiziaria (art. 45) basata sull’Autorità sanitaria o giudiziaria che ne fa richiesta e quindi sulle diverse finalità: clinico-scientifiche o giuridico-forensi.
  4. Mantovani A. Palù: “Serve più sorveglianza sui vaccini, i morti accertati però sono 16”. Il Fatto Quotidiano, 10.12.2021.
  5. AIFA. Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID-19. Numero 3. 27/12/2020-26/03/2021, p.16. Roma, AIFA, 2021.
  6. WHO. Causality assessment of an adverse event following immunization (AEFI). User manual for the revised WHO classification. Geneva, WHO, 2013; p. 20. Disponibile all’indirizzo: http://www.who.int/vaccine_safety/publications/aevi_manual.pdf (ultimo accesso: 13.02.2022). I termini di classificazione sono ripresi dal Report del CIOMS/WHO Working Group on Vaccine Pharmacovigilance. Geneva, Council for International Organizations of Medical Sciences, 2012.
  7. Ivi, p.20.
  8. Ivi, p.23.
  9. AIFA. Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID-19. Numero 3. cit.; p.19.
  10. Centers for Disease Control and Prevention. Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS). Updated 02.11.2021. Disponibile all’indirizzo: https://www.cdc.gov/vaccinesafety/ensuringsafety/monitoring/vaers/index.html#anchor_1616772696807 (ultimo accesso: 13 febbraio 2022).
  11. AIFA. Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID-19. 27/12/2020-26/12/2021.
  12. Ivi, p.24.
  13. «Complessivamente, 16 casi (3,7%) sui 435 valutati sono risultati correlabili (circa 0,2 casi ogni milione di dosi somministrate), di cui 14 già descritti nei Rapporti precedenti». AIFA. Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID-19. Numero 9. cit.; p.13.

BOX 1. L’OBBLIGO DI INDENNIZZO

Una piccola nota informativa può forse essere aggiunta in relazione alla recente entrata in vigore delle norme sull‘obbligatorietà della vaccinazione anti-COVID-19 a partire dal compimento del cinquantesimo anno di età, dal momento che la determinazione del nesso causale acquista qui una speciale rilevanza. Infatti, in seguito all‘entrata in vigore del Decreto legge del 7 gennaio 2022,a lo Stato, introducendo l‘obbligo a vaccinarsi (già previsto per gli esercenti le professioni sanitarie dal Decreto-legge n. 44/2021),b ha anche assunto il dovere di indennizzare i cittadini che riportino danni da vaccino. Il tema del nesso causale e della sua determinazione, quindi, è particolarmente rilevante, perché si tratta di definire la correlazione tra la somministrazione del vaccino e i potenziali danni (non fatali) alla salute – un punto, questo, lungamente discusso da dottrina e giurisprudenza.c
I commenti, in particolare da parte di coloro che si oppongono alla vaccinazione, hanno, da un lato, individuato nell‘obbligo di indennizzo da parte dello Stato la ragione principale per il lungo indugio delle istituzioni a introdurre la misura coattiva; dall‘altro, a sottovalutare sia il tipo di danni indennizzabili sia la dimostrabilità del nesso di causalità. In relazione al primo punto, a giudizio di chi scrive – anche sulla scorta di dichiarazioni delle istituzioni coinvolte –, l‘esitazione a introdurre l‘obbligo sembra essere motivata soprattutto da ragioni di effettività, cioè dalla difficoltà di implementare coattivamente la misura, ma anche da questioni di principio, la cultura ormai pervasiva che lega la legittimità degli interventi sanitari al consenso informato del soggetto interessato.d 
Si deve però osservare che le previsioni normative sul riconoscimento di indennizzi da parte dello Stato esistono da tempo e sono state aggiornate progressivamente per includere nuove fattispecie.e Secondo la legge 210/1992, i soggetti che abbiano «riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di un’autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica» hanno diritto a un indennizzo (Art.1). Per documentare l’esistenza di danni permanenti, il soggetto interessato deve esibire alla commissione medico-ospedaliera, integrata da specialisti delle patologie coinvolte,f la documentazione comprovante «la data della vaccinazione, i dati relativi al vaccino, le manifestazioni cliniche conseguenti alla vaccinazione e l’entità delle lesioni o dell’infermità da cui è derivata la menomazione permanente» (Art.3.2). Alla Commissione spetta il «giudizio sanitario sul nesso causale tra la vaccinazione […] e la menomazione dell’integrità psico-fisica o la morte» (Art. 4.1). Contro il giudizio diagnostico e il parere sul nesso causale tra le infermità o le lesioni e la vaccinazione espressi dalla Commissione è ammesso il ricorso al Ministro della sanità, con facoltà di adire anche il giudice ordinario competente (Art.5.1, art.5.3).
La conferma del fatto che l‘esitazione rispetto all‘obbligatorietà non dipendesse dal timore di domande di indennizzo, è venuta dal decreto “ristori” approvato dal Governo il 21.01.2022, in cui l‘indennizzo è stato esteso anche laddove il vaccino sia stato solo “raccomandato” – ciò che peraltro la Corte costituzionale aveva già precisato rispetto ad altri vaccini non obbligatori.g,h L’art.20 del Decreto legge, infatti, “Disposizioni in materia di vaccini anti SARS-CoV-2 e misure per assicurare la continuità delle prestazioni connesse alla diagnostica molecolare” al comma 1 prevede – che integra l’art.1 della legge 25.02.1992 n. 210 sugli indennizzi da vaccini obbligatori – prevede che l’indennizzo spetta «anche a coloro che abbiano riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione anti SARS-CoV-2 raccomandata dall‘autorità sanitaria italiana».i
Bibliografia e note
a. Decreto-legge n.1 del 07.01.2022 “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore. (22G00002)”. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.4 del 07.01.2022.
b. Sulle condizioni che legittimano l’obbligatorietà dei vaccini e sul bilanciamento tra autodeterminazione individuale e salute collettiva alla luce del principio di solidarietà si segnala l’articolata pronuncia del Consiglio di Stato (Sezione Terza, Sentenza n.7045 del 20.10.2021) che ha respinto il ricorso contro l’obbligo vaccinale imposto ai sanitari dalle Aziende sanitarie friulane. 
c. Vedi box 2 (p. 13).
d. Tallacchini M. Vaccini, scienza, democrazia. Epidemiol Prev 2019;43(1):11-13.
e. Legge n.210 del 25.02.1992. “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati” (aggiornamento all’atto pubblicato il 24.06.2020).
f. Integrazione disposta dalla Legge n.238 del 25.07.1997, art. 1, comma 12.
g. Corte Costituzionale. Sentenza n.268 del 2017.
h. Corte Costituzionale. Sentenza n.118 del 2020.
i. Decreto-legge n.4 del 27.01.2022. “Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico”.

 

BOX 2. IL CASO TALIDOMIDE

Un esempio efficace della difficoltà di dimostrare un nesso causale per un danno da prodotto farmaceutico è il caso del talidomide. Con la legge n. 244 del 24.12.2007, art. 2, comma 363,j lo Stato italiano riconosce un indennizzo alle vittime da talidomide, analogo a quello concesso a vittime con danni irreversibili da vaccinazioni obbligatorie o trasfusioni, con riferimento all’articolo 1 della legge 229/2005k – riferita a sua volta ai soggetti della legge 210/1992. Il giudizio sanitario sul nesso causale tra la somministrazione del farmaco talidomide in gravidanza e le menomazioni permanenti – nelle forme di amelia, emimelia, focomelia e micromelia – della potenziale vittima è espresso da una commissione medico-ospedaliera.
La difficoltà nello stabilire il nesso di causalità ha diverse ragioni. In primis, la grande varietà di malformazioni – sia per tipologia sia per gravità – che il talidomide può arrecare ai feti in sviluppo non permette di standardizzare adeguatamente i criteri di rilevanza. Secondariamente, non aiuta il fatto che siano ormai passati quasi cinquant’anni tra il ritiro del farmaco nel luglio del 1962l e il riconoscimento dell’indennizzo per i talidomidici. Infatti, documenti richiesti dal Ministero della salute che potrebbero essere rilevanti al fine della valutazione della commissione medico-ospedalieram – come la prescrizione del talidomide alla madre per i nati tra il 1958 e il 1966 o la documentazione relativa alla patologia materna che ne ha richiesto la somministrazione tra il 20° e il 36° giorno dal concepimento per i soggetti nati fuori dal periodo 1958-1966 – sono ormai di pressoché impossibile reperimento, ammesso che siano mai esistiti. Ne consegue che casi simili per tipologia e gravità di malformazione siano stati valutati da diverse commissioni medico-ospedaliere in maniera differente. Ciò ha portato a una disparità di trattamento delle vittime e ha aperto la strada a una lunga sequenza di cause giudiziarie con esiti altrettanto discordanti.
Un’ulteriore complicazione nello stabilire un nesso di causalità comune è dovuta al legislatore stesso, che con la legge 160/2016n ha definito i criteri di inclusione o esclusione di malformazioni potenzialmente dovute a talidomide sulla base degli studi medico-scientifici maggiormente accreditati. Gli studi a cui fa riferimento il Ministero della salute italiano descrivono la sindrome da talidomide come possibile nei soggetti con malformazioni bilaterali agli arti. Queste pubblicazioni, scientificamente opinabili perché si basano su serie cliniche viziate da bias nella selezione dei casi,o sono ora la chiave di esclusione per coloro che hanno una deformità monolaterale. L’entrata in vigore della legge ha quindi introdotto una discriminante aggiuntiva, che ha portato al paradosso di casi di malformazioni monolaterali già precedentemente indennizzati e altri ora esclusi alla luce della più recente normativa.
Bibliografia e note
j. Legge n.244 del 24.12.2007, art. 2, comma 363. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.300 del 28.12.2007 – Suppl. Ordinario n. 285. Disponibile all’indirizzo: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2007/12/28/007G0264/sg (ultimo accesso:10.02.2022).
k. Legge n.229 del 29.10.2005. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.258 del 05.11.2005. Disponibile all’indirizzo: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2005/11/05/005G0248/sg (ultimo accesso:10.02.2022).
l. Gazzetta Ufficiale n.186 del 25.07.1962. Disponibile all’indirizzo: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/1962/07/25/186/sg/pdf (ultimo accesso:10.02.2022).
m. L’elenco dei documenti sanitari da allegare alla domanda sono disponibili all’indirizzo: https://www.salute.gov.it/portale/moduliServizi/dettaglioSchedaModuliServizi.jsp?lingua=italiano&label=servizionline&idMat=ASS&idAmb=IND&idSrv=L244T&flag=P#comeSiPresenta (ultimo accesso:10.02.2022).
n. Legge n.160 del 07.08.2016, art. 21 ter. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.194 del 20.08.2016. Disponibile all’indirizzo: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/08/20/16G00173/sg (ultimo accesso:10.02.2022).
o. Terracini B. Thalidomide and unilateral limb defects: the Italian chapter of a neverending story. Epidemiol Prev 2021;45(4):302-9.
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