Il sito web di E&P ospiterà i materiali presentati al convegno L’amianto nelle matrici biologiche delle patologie asbesto correlate svoltosi a Firenze nel 2016. Anche dopo parecchi anni, il materiale continua a essere di interesse per chi si occupa di identificare pregresse circostanze di esposizione ad amianto nella storia lavorativa o ambientale di individui affetti o deceduti per patologie correlate ad amianto.

A caccia di biofibre

Il termine "biofibre" fu coniato da un gruppo di ricercatori riuniti su invito della oramai estinta Commissione Nazionale Amianto, che operava sotto il patrocinio del Ministero della Salute. Il termine rimanda alle fibre presenti nei tessuti e liquidi biologici delle persone esposte ad amianto; il dosaggio di tali fibre era l'obiettivo dell'incontro inedito tra anatomopatologi e analisti di particelle minerali. Inizialmente, queste due professionalità, apparentemente così lontane, erano accomunate solo dall’uso di microscopi ottici o elettronici. La prima riunione del gruppo fu dedicata all’analisi quali-quantitativa di fibre minerali nei tessuti biologici. I punti di contatto furono ben presto stabiliti e ognuno mise a disposizione la propria competenza. Fu l’inizio di una proficua collaborazione che si protrasse positivamente per almeno un lustro. L’amianto è una sostanza cancerogena che viene assunta dagli esseri viventi principalmente per inalazione. Aμιαντοσ in greco antico significa “incorruttibile” e come tale (o quasi) si comporta anche nell’apparato respiratorio. Quest’ultimo è dotato di una capacità di distruggere e di eliminare milioni di particelle che inaliamo dal primo all’ultimo respiro della nostra intera vita, ma nei confronti dell’amianto, in particolare quando ne vengono inalate cospicue quantità, questo sistema non riesce a svolgere pienamente il proprio compito. Queste fibre minerali, una volta inalate, possono permanere per lunghissimo tempo nel tessuto polmonare, tal quali o rivestite da una proteina originando i cosiddetti “corpuscoli dell’asbesto”. 
La ricerca, che studia da anni questa problematica, ci dice che:

  1. vi è una variabilità individuale nella capacità dell’apparato respiratorio di eliminare le particelle “indesiderate”;
  2. non tutte le varietà mineralogiche di amianto hanno lo stesso comportamento in termini di permanenza nel tessuto polmonare. Gli anfiboli, in particolare la crocidolite e l’amosite, cioè i due tipi di amianto di anfibolo originariamente utilizzati nell’industria, permangono molto più a lungo del crisotilo, o amianto bianco. Quest’ultimo, da decenni, è l’esclusiva (o quasi) forma di amianto di interesse commerciale. Il bando dell’amianto, attuato in molti Paesi, riguarda anche il crisotilo.

Il “gruppo biofibre” discuteva le metodiche di prelievo dei campioni e delle successive analisi, in microscopia sia ottica sia elettronica. Tra gli obiettivi vi era anche la definizione dei requisiti minimi di laboratorio da stabilire in base alla normativa vigente, che fino a quel momento era stata applicata soltanto ai laboratori che effettuavano analisi di amianto di campioni in massa e dell’aerodisperso. Questo tema era stato particolarmente richiesto dal Ministero della Salute, in quanto la standardizzazione delle metodiche analitiche è un passo fondamentale per la confrontabilità dei dati prodotti da analisti e laboratori diversi. Dopo l’interruzione dell’attività del gruppo, avvenuta nel corso del 2016, il Ministero della Salute non ha potuto emettere alcun Decreto integrativo per la definizione dei requisiti minimi dei laboratori che intendono effettuare analisi delle fibre in liquidi e tessuti biologici.

L’interesse scientifico del problema è evidente: oggigiorno, entrare in Medline con le parole chiave “asbestos fibres in the lung and asbestos exposure” conduce a più di 5.000 citazioni. La determinazione quali-quantitativa delle fibre di amianto o dei “corpuscoli dell’amianto” nel tessuto polmonare, aiuta nell’identificazione dell’esposizione pregressa ad amianto. Va tenuto presente che l’assenza di corpuscoli non consente in alcun modo l’esclusione di pregresse esposizioni a crisotilo.

Il primo prodotto del “gruppo biofibre” fu una metodica analitica per la determinazione quantitativa del contenuto di “corpuscoli dell’amianto” in campioni di tessuto polmonare e in liquidi utilizzati nei lavaggi bronco-alveolari che fu pubblicato nei Rapporti Istisan 17/12 accessibile online dal sito dell’Istituto superiore di sanità www.iss.it.

Il convegno di Firenze vide la partecipazione di molti componenti del gruppo di lavoro. Ringraziamo la rivista per la disponibilità a mettere a disposizione dei lettori interessati le presentazioni di quella giornata, auspicando che ciò permetta di rivitalizzare la materia e di estendere il dibattito ai ricercatori delle nuove generazioni, dopo che la drastica riduzione del numero di operatori pubblici dedicati e dedicabili a questo tipo di analisi ha frenato un’esperienza di indubbia utilità per la salute pubblica e per il riconoscimento dei diritti delle persone che hanno subito i danni derivanti dall’esposizione alle fibre di amianto.

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