L’uso dei farmaci in gravidanza è un fenomeno estremamente comune: nei Paesi dotatati di sistemi sociosanitari avanzati è stato stimato che la percentuale di donne che ricevono almeno un farmaco in gravidanza varia da meno del 30% a oltre il 90%.1-3 Ciononostante, le conoscenze relative alla sicurezza, al dosaggio ottimale e agli effetti a lungo termine dell’utilizzo dei farmaci in questa fascia di popolazione sono limitate. Le donne in gravidanza sono spesso escluse dai trial clinici per motivi etici, perché considerate soggetti vulnerabili; tuttavia, questa esclusione, se da un lato ha lo scopo di proteggere il feto dagli effetti del farmaco, dall’altro non consente di disporre delle informazioni necessarie per un’adeguata valutazione del rapporto rischio-beneficio quando il medicinale viene prescritto a una donna in gravidanza.4-6A complicare lo scenario c’è il progressivo aumento dell’età media delle donne alla prima gravidanza, che porta a un burden of disease di questa popolazione sempre più complesso, che si traduce in un maggior numero di donne che presentano una condizione cronica già prima del concepimento e a un incremento di diagnosi di patologie durante la gravidanza, correlate o meno a tale stato.7In questo contesto, poter disporre di dati di buona qualità sull’uso e sulla sicurezza dei farmaci per poter fornire ai decisori, ai clinici e alle donne informazioni sufficienti e adeguate per un uso appropriato e consapevole dei farmaci risulta di estrema importanza. Negli ultimi anni, lo sviluppo delle metodologie e dell’expertise nell’ambito della farmacoepidemiologia ha reso particolarmente utile l’utilizzo di database amministrativi per monitorare nel tempo gli andamenti prescrittivi e gli usi nella pratica clinica dei medicinali. Diverse sono le iniziative internazionali multi-database nate per garantire la sorveglianza dell’uso di farmaci in gravidanza, con lo scopo primario di indagarne il profilo di sicurezza;8,9 tuttavia, alcuni aspetti legati al potenziale impatto della gravidanza su terapie croniche preesistenti, sull’appropriatezza d’uso dei farmaci e l’aderenza alle linee guida cliniche sono ancora poco valutati.In Italia, l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha recentemente promosso la nascita di una rete multidisciplinare, interregionale, interistituzionale chiamata MoM-Net (“Monitoring Medication Use During Pregnancy Network”), incentrata sul monitoraggio dell’uso dei farmaci in gravidanza, attraverso l’integrazione di diverse banche dati sanitarie disponibili a livello regionale. La rete comprende otto regioni italiane (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Puglia e Sardegna) e vi collaborano epidemiologi, farmacologi, analisti, biostatistici, esperti clinici e ricercatori afferenti a istituzioni italiane sia pubbliche che accademiche.10Il primo studio condotto dalla rete MoM-Net ha avuto l’obiettivo di indagare il profilo prescrittivo dell’uso dei farmaci erogati a carico del Servizio sanitario nazionale in tre periodi (pre, peri e post gestazionale), mettendo in evidenza i pattern prescrittivi in specifiche aree terapeutiche, analizzando la variabilità regionale e confrontando l’uso in determinate sottopopolazioni (donne italiane vs. straniere, donne con parto singolo vs. plurimo).Novità nella collaborazione tra AIFA e regioni è stata la scelta di utilizzare un approccio di analisi distribuite attraverso la l’impiego di un Common Data Model (CDM)... Accedi per continuare la lettura

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