Evidenza [e-vi-dèn-za] s.f. Rilievo oggettivo che ha una cosa, tale da renderla innegabile SIN inoppugnabilitàe. dei fatti || negare l'e., rifiutarsi di riconoscere qlco. che è incontrovertibile | mettere in e. qlco., dare rilievo | mettersi in e., farsi notare | arrendersi all'e., cedere di fronte a ciò che appare inconfutabile.

Se partiamo dalla definizione di evidenza che troviamo nei dizionari potremmo paradossalmente pensare che sia evidente ciò che non ha bisogno di essere dimostrato, ma questa non è certamente la definizione che daremmo parlando di EBM (Evidence-Based Medicine) in cui anzi ciò che è evidente è proprio ciò che ha avuto bisogno di essere dimostrato! Quindi possiamo tranquillamente affermare che, almeno in sanità, l’evidenza non sempre è evidente e ciò che talvolta apparirebbe quasi come evidente non ha invece il conforto dell’evidenza scientifica.

Peraltro anche realtà che noi tutti, o quasi tutti, oggi consideriamo evidenti vengono negate da alcuni vuoi per ignoranza vuoi per fini non ben individuabili. Che vari secoli fa si pensasse che la terra fosse piatta o che il sole le girasse attorno a tutt’oggi ci fa sorridere, ma che ci sia ancora qualcuno che spreca carta e tempo per affermarlo è per lo meno sorprendente se non forse anche preoccupante.

Se qualcuno oggi dicesse che mettendo la pentola piena d’acqua sul fuoco questa ghiaccia o lascando la presa di un bicchiere questo invece di cadere di innalza, chi gli sta attorno chiamerebbe sicuramente la croce bianca, quella che si occupa delle persone con gravi problemi mentali. Eppure la teoria della fisica afferma che ciò non accade solo perché estremamente improbabile ma non per questo impossibile. Credo che non mi capiterà mai di vedere situazioni così inusuali, ma per altri eventi bisogna sempre rendersi conto che essi non sono deterministicamente certi, ma solo molto probabili.

Se l’evidenza si basa quindi non sulla certezza deterministica bensì sulla aspettativa probabilistica, un altro aspetto importante da considerare è che non tutte le situazioni dove un evento può manifestarsi sono uguali e quindi l’evidenza non può che limitarsi a situazioni omogenee a quelle in cui la si è dimostrata. Noi, figli di un approccio meccanicistico ai problemi della salute umana, talvolta pensiamo che gli uomini siano tutti geneticamente e biologicamente uguali e quindi ciò che fa bene o male ad uno lo fa anche nella stessa maniera e nella stessa misura all’altro. Ciò è vero o falso solo nella misura in cui i soggetti sono tra di loro simili oppure no. In una fabbrica di meccanismi può essere appropriare pensare che tutti i pezzi uguali si comportino ugualmente, ma il meccanismo uomo non è mai uguale ad un altro, e può considerarsi tale solo se ha caratteristiche simili in funzione del trattamento in oggetto. Ogni differenza riduce, di poco o di molto, la probabilità che lo stesso trattamento sia efficace in soggetti tra loro differenti, e quindi l’evidenza non è mai tale per tutti.

Un altro aspetto è la quota di soluzione che un provvedimento può assicurare; non si deve pensare che rispetto ad un problema esista solo ciò che non lo risolve per nulla e ciò che lo risolve del tutto. In alcuni casi, soprattutto i più semplici, accade effettivamente così, ma in altri la soluzione “evidente” può spesso essere solo parziale, ma non per questo non essere una soluzione. L’evidenza quindi per lo più deve riguardare la migliore soluzione possibile che successivamente può essere superata da una alternativa migliore.

Non è poi vero che ciò che è considerato come una evidenza sia stato sempre provato con certezza assoluta, bensì spesso anche solo con una probabilità ritenuta sufficiente. In un clinical trial si confrontano differenti alternative e si assume come preferibile l’alternativa migliore e quasi mai l’alternativa capace di dare una soluzione totalmente risolutiva. 

Quindi quando prendo una decisione, vuoi preventiva, vuoi diagnostica, vuoi terapeutica devo basarmi sull’evidenza che mi danno delle prove disponibili riferite a soggetti simili a quelli cui mi riferisco e che danno la massima probabilità di ottenere un esito il più positivo possibile rispetto ad altre alternative.

Forse invece che EBM sarebbe meglio usare la sigla MBP (Medicina Basata sulle Prove)! Però non si creda che l’EBM/MBP riduca il ruolo del medico, tutt’altro! Le indicazioni che possono essere considerate come evidenze si riferiscono appunto a delle soluzioni che risultano le migliori per la media dei soggetti, ma è poi il singolo medico che deve valutare se lo siano ancora per uno specifico paziente, e questa valutazione non può, almeno per il momento ma forse mai, essere delegata ad un qualsiasi algoritmo.

Quindi sarà sempre il medico che, a conoscenza di tutte le evidenze scientifiche inerenti il caso specifico, indicherà al paziente la soluzione che lui ritiene renda maggiore la probabilità di risultare la più appropriata ben sapendo che nella maggior parte dei casi questo si verificherà come vero ma purtroppo potrà anche accadere che in alcuni casi non lo sia.

Dobbiamo rassegnarci a riconoscere che in medicina non regna il determinismo e qualsiasi decisione deve far i conti con l’incertezza, ma i margini di questa possono essere molto ridotti se le decisioni si prendono sulla base delle evidenze, non sempre però ahimè evidenti.

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