I primi studi clinici occidentali in agopuntura sono stati disegnati come efficacy trial, perché era prioritario capire se la popolarità dell’agopuntura tra i pazienti fosse attribuibile a suggestione oppure a un effetto specifico dell’intervento, cioè “se” l’agopuntura funzionava (la domanda dicotomica secondo Paolo Giorgi Rossi ed Eugenio Paci: se “i” funziona meglio di “c”).1 Il modello causale della medicina cinese tradizionale non permetteva di essere interrogato con metodo scientifico all’interno del proprio sistema: con questo tipo di studi, non si sarebbe tanto potuto rispondere alla domanda su “come” funzionasse l’agopuntura, in particolare in termini di validità del paradigma cosiddetto energetico, quanto eventualmente rigettare lo stesso in toto in caso di risultati negativi dei trial. Come controllo è stato proposto un placebo dell’agopuntura, la sham acupuncture, che al posto degli agopunti prevede l’utilizzo di varie forme di “agopuntura finta”: sono stati volta per volta utilizzati punti di agopuntura non indirizzati alla patologia in questione, punti non di agopuntura, la stimolazione lieve del punto invece dell’infissione dell’ago, fino ad arrivare a dispositivi che danno sia all’agopuntore sia al paziente l’illusione della penetrazione dell’ago. Il risultato dei trial, in particolare quando condotti su tre bracci (agopuntura vera vs sham vs usual care/waiting list) ha generato nuove domande, invece di fornire una risposta univoca al quesito iniziale (dicotomico): di solito si osserva una risposta all’agopuntura sham intermedia tra quella al terzo braccio e quella all’agopuntura vera, con alcune patologie in cui si mette in evidenza una differenza significativa da agopuntura vera e sham2 e altre, invece, in cui non si osserva alcuna differenza. La ricerca clinica in agopuntura, quindi, si è evoluta verso lo studio di quali siano i meccanismi che determinano la risposta anche nel caso di agopuntura finta (e perché questa sia differente), prendendo spunto sia dal corpus di conoscenze prodotto dai placebo studies sia misurando le risposte evocate da diverse stimolazioni della cute e del connettivo, sull’uomo o sull’animale, anche con tecniche di imaging cerebrale.

Inoltre, questi risultati hanno contribuito alla concettualizzazione dell’efficacy paradox,3 una chiave di lettura indispensabile per la valutazione di efficacia degli interventi definiti complessi (per esempio, fisioterapia, psicoterapia, infermieristica). A oggi si raccomanda il disegno di trial pragmatici che permettano di valutare i benefici dell’agopuntura in un contesto reale nel confronto con le altre opzioni terapeutiche disponibili. La risposta al perché l’agopuntura funziona (quando funziona) non potrà che derivare da una sintesi di tutte le evidenze, incluse quelle qualitative sulle aspettative dei pazienti e quelle precliniche sugli effetti fisiologici dell’infissione dell’ago: una sintesi che, nella sua esigenza di incorporare nel discorso livelli diversi (molecolare, cellulare, psicologico), non potrà che avere beneficio dal diffondersi di una epistemologia bayesiana, come suggerito da Giorgi Rossi e Paci per superare i limiti di una formulazione dicotomica dei quesiti di ricerca.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Giorgi Rossi P, Paci E. Perché funziona? Per costruire raccomandazioni migliori gli studi dovrebbero aiutarci a capire perché un intervento funziona, non solo se è migliore del controllo. Epidemiol Prev 2020;44(4):205-09.
  2. Linde K, Allais G, Brinkhaus B et al. Acupuncture for the prevention of episodic migraine. Cochrane Database Syst Rev 2016;2016(6):CD001218.
  3. Walach H, Falkenberg T, Fønnebø V, Lewith G, Jonas WB. Circular instead of hierarchical: methodological principles for the evaluation of complex interventions. BMC Med Res Methodol 2006;24:6:29.
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