Riassunto

La lettera di Valsecchi e colleghi offre l’occasione di riprendere con argomenti razionali la discussione sul programma e sul sistema di vaccinazione, spesso dominata da argomenti di principio (e quindi indiscutibili) o strumentalizzata da argomenti di parte (e quindi altrettanto inaffrontabili). La lettera chiede una corretta lettura dei dati e sembra appropriato per ricondurre la discussione su un terreno più familiare per gli epidemiologi.

La lettera di Valsecchi e colleghi offre l’occasione di riprendere con argomenti razionali la discussione sul programma e sul sistema di vaccinazione, spesso dominata da argomenti di principio (e quindi indiscutibili) o strumentalizzata da argomenti di parte (e quindi altrettanto inaffrontabili). La lettera chiede una corretta lettura dei dati e sembra appropriato per ricondurre la discussione su un terreno più familiare per gli epidemiologi.
Gli autori citano le varie sedi in cui la proposta di sospensione dell’obbligo vaccinale era stata discussa e accolta positivamente ben prima del 2007, anno di sua attuazione, e definiscono l’esperienza del Veneto come pilota per un percorso analogo a livello nazionale. In realtà, per essere tale, l’esperienza avrebbe dovuto essere inserita in un quadro strategico di governance nazionale, mirata a produrre evidenze (per esempio, identificando i determinanti dell’accettazione vaccinale in assenza di vincoli legali o i sistemi operativi più efficienti) da utilizzare successivamente nel programma di vaccinazione nazionale o in altre regioni, anche organizzate differentemente. Invece, il quadro strategico è risultato assente (non necessariamente per responsabilità della Regione Veneto) e l’iniziativa del Veneto si è inserita nel clima politico di deregulation, anziché in un processo di valutazione dell’approccio adottato nell’offerta vaccinale. Dell’esperienza regionale non è stata valutata (o quantomeno non resa disponibile) l’efficacia e neppure il costo dell’intero sistema né dei singoli strumenti operativi utilizzati (anagrafe vaccinale regionale informatizzata, procedure operative standardizzate di offerta e richiamo, gestione eventi avversi eccetera) né della formazione e della quantità del personale impiegato; non sono nemmeno stati identificati i determinanti individuali dell’esito dell’offerta.
L’unico dato utilizzabile, alla fine, è quello delle coperture vaccinali che, nonostante l’impegno regionale, anche in Veneto sono calate, come nel resto di Italia. I dati riportati da Valsecchi e colleghi nella figura 1 indicano un progressivo ritardo nell’avvio delle vaccinazioni dell’obbligo (il grafico è riferito alla sola prima dose dell’antipolio); ritardo che poi si è ridotto a partire dal 2014. Questo andamento è sovrapponibile a ciò che è accaduto anche nel resto d’Italia, dato che, dal 2012 al 2014 in tutte le regioni e PA, per i vaccini obbligatori si è osservato un decremento di quasi l’1% annuo delle coperture a 24 mesi di vita. I dati pubblicati dal Ministero della salute per il 2016, anno più recente disponibile, indicano che la copertura vaccinale a 24 mesi di età, per il completamento del ciclo vaccinale delle tre dosi previste entro il primo anno di vita, nella regione Veneto è lievemente al di sotto della media nazionale.1 Anche allo scadere del terzo anno di vita (36 mesi), la copertura vaccinale in Veneto è inferiore alla media nazionale. L’attenersi a età prefissate per il calcolo delle coperture non è richiesto solo per permettere confronti tra aree diverse, ma è legato alla stima della quota di bambini rimasti suscettibili più a lungo di quanto previsto dal programma vaccinale. Per le malattie a trasmissione interumana, la proporzione di soggetti suscettibili nella popolazione generale è un determinante della circolazione degli agenti eziologici e, quindi, dell’incidenza delle infezioni prevenibili con vaccinazione. Sapere che, nel giro dei primi 16 anni di vita, il 94,7% dei ragazzi è stato vaccinato con almeno una dose di vaccino antimorbillo (raccomandata nel secondo anno di vita) (figura 2 di Valsecchi et al.) non è un indicatore di efficacia del programma, dato che una proporzione non trascurabile di ragazzi rimane suscettibile per 14 anni invece che per due e che per il morbillo, altamente contagioso, la proporzione di suscettibili nella popolazione in grado di sostenere epidemie è bassa. Attualmente si continuano a registrare in Italia epidemie e decessi dovuti al morbillo (nei soli primi due mesi del 2018: 411 casi e 2 decessi)2 proprio a causa di adolescenti e giovani adulti rimasti suscettibili troppo a lungo. L’età mediana dei casi è 27 anni e, nonostante gli ultimi provvedimenti legali, la circolazione del morbillo si arresterà solo a esaurimento dell’ampio bacino di suscettibili ancora presenti.
Nonostante l’impegno dichiarato per operare la “spinta gentile”, i risultati registrati nella Regione Veneto non sono stati ottimali né sono stati diversi dal resto del Paese. Più che indicare il fallimento della sospensione dell’obbligo, l’osservazione sembrerebbe indicare la non rilevanza della presenza/assenza dell’obbligo legale come determinante per l’adesione della popolazione target all’offerta vaccinale. In assenza di strumenti in grado di identificare i determinanti del successo o meno dell’offerta vaccinale e di evidenze di efficacia su cui basare gli aggiustamenti del programma di vaccinazione, si rischia di continuare a discutere di principi o di convenienze, anche sotto l’influenza del clima politico del momento, quando invece il programma di vaccinazione, per essere accettabile ed efficace, necessita di coerenza e di basi razionali sul lungo periodo.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Epicentro. Vaccini e vaccinazioni. Le vaccinazioni in Italia. Copertura vaccinale in Italia. Disponibile all’indirizzo: http://www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/dati_Ita.asp
  2. Morbillo & Rosolia News – Aggiornamento mensile. Rapporto n. 39, marzo 2018. Disponibile all’indirizzo: http://www.epicentro.iss.it/problemi/morbillo/bollettino/RM_News_2018_39.pdf
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