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Quando finalmente la piena di un fiume non cresce più si dice che è arrivata la "stanca", cioè il fiume si è stancato di salire ancor di più. Nella fase di stanca il fiume non è però ancora rientrato nel suo alveo normale, ma più di così, per fortuna, di ulteriori danni non ne fa anche se continua a sommergere velme e barene.

Sono nato sulla sponda del Ticino e ricordo le giornate in cui si era preoccupati della piena che spesso mangiava vasti campi coltivati cambiando il corso delle acque, ma poi finalmente arrivava la stanca e gli animi un po' si rasserenavano anche se il cielo rimaneva magari ancora nuvoloso.

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Sono passati due mesi dal 28 giugno quando i contagi avevano toccato il minimo giornaliero di 389 e con linguaggio fluviale potremmo dire che "l'epidemia era in secca"; per un fiume la secca non è una buona situazione, ma per l'epidemia era ottima! Molte erano già le vaccinazioni effettuate e tutti speravamo di essere ormai arrivati all'esaurimento dell'epidemia. Il solito clinico, di cui qui preferisco non fare il nome, aveva dichiarato "che il virus era entrato in letargo". La politica aveva in qualche modo addirittura anticipato gli eventi e aveva colorato di bianco tutta l'Italia. Le cronache da allora si occuparono più della vittoria agli europei di calcio e delle quaranta medaglie conquistate alle olimpiadi, prime fra tutte quelle inaspettate sui cento metri, ma anche il virus, ahimè, si è poi rimesso a correre veloce e in poche settimane si è arrivati a sfiorare i 50.000 (cinquantamila) contagi alla settimana.

Poi, dai primi di agosto, l'epidemia è entrata "in stanca", cioè non è più sostanzialmente cresciuta, ma non è neppure diminuita e questo è durato per tutto agosto. L'andamento non è stato però lo stesso in tutte le Regioni come si vede nel grafico seguente:

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Ci sono state otto regioni in cui dalla prima alla quarta settimana di agosto i contagi sono diminuiti, in altre otto sono rimasti pressoché costanti, come la media italiana, mentre in cinque sono i aumentati e tra queste in modo maggiore la Calabria, la Sicilia e la P.A. di Bolzano.

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Si potrebbe pensare erroneamente che se l'incidenza rimane costante rimangano costanti anche le prevalenze, vuoi dei soggetti positivi vuoi dei ricoverati, ma non è così perché in luglio vi è stato un importante aumento e le guarigioni e le dimissioni (o ahimè le morti) di agosto non hanno compensato i casi di luglio accumulatisi.

Che succederà allora adesso? Continuerà così oppure, come ci auguriamo, diminuiranno i contagi? Oppure si invertirà l'andamento e ricominceranno ad aumentare?

Possiamo ragionare sui fattori che determinano lo sviluppo epidemico: rispetto alla contagiosità del virus si è detto che l'attuale variante Delta è molto contagiosa, ma non sembra che ci siano per il momento altre varianti all'orizzonte. Aumentano invece i vaccinati e quindi diminuiscono i suscettibili anche se si sa che una parte dei vaccinati potrebbe ancora contagiarsi. Diminuiscono invece le misure di contenimento, come ad esempio la riapertura degli stadi di calcio, ma potrebbe invece frenare i contagi l'obbligo di Green Pass per accedere a diversi servizi. La prossima riapertura delle scuole sicuramente costituisce un elemento di cui è difficile prevedere l'impatto, che certamente ci sarà ma speriamo che risulti marginale.

Difficile quindi una previsione, ma sicuramente può aiutare l'analisi delle attuali tendenze. Lo sviluppo nazionale sembra avere una crescita molto lenta e anzi nei giorni precedenti ha dato dei segnali di decremento.

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Ma non illudiamoci che l'epidemia stia finendo e neppure che di sicuro stia rallentando: questo invece è il momento in cui si deve fare maggiore attenzione perché se riusciamo a tracciare i casi positivi e a isolarli e riduciamo anche la presenza di soggetti asintomatici che ignorano di essere positivi, allora possiamo realmente sperare di avviarci verso una reale diminuzione dell'estensione dell'epidemia

Possiamo esemplificare ciò che potrebbe succedere se rimanesse costante l'indice di replicazione diagnostica, che è il risultato congiunto della contagiosità del virus, della probabilità di contatto e delle norme personali di precauzione (mascherina, igiene, ecc.). Ipotizziamo che, come oggi, ci siano cinquantamila contagi a settimana che in presenza di 30 milioni di suscettibili arrivano a contagiarne altrettanti, come sta succedendo in questa fase di "stanca" e ipotiziamo anche che ogni settimana i suscettibili, grazie alle vaccinazioni, diminuiscano di due milioni. In tal modo la probabilità di contatto diminuirebbe proporzionalmente alla percentuale di suscettibili, e quindi ogni settimana diminuirebbero i contagi che a loro volta, data la diminuzione dei suscettibili, produrrebbero sempre meno contagiati.

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Secondo questo modello semplificato, e forse anche semplicistico, in circa tre mesi l'epidemia si estinguerebbe, però il presupposto è che non si modifichi la probabilità di replicazione diagnostica per quanto riguarda la probabilità di contatto dei contagiati. Se invece questa aumentasse allora compenserebbe l'effetto della diminuzione della densità dei suscettibili e l'epidemia potrebbe allora addirittura svilupparsi ulteriormente.

Questa esemplificazione non serve certo per fare una previsione ma solo per dire che oggi, in fase di "stanca" è ancor più necessario che ci siano efficaci misure di contenimento dei contatti e di precauzione dai contagi perché altrimenti non si riuscirebbe ad ottenere l'effetto sperato prima che la popolazione, magari, perda il grado di immunizzazione acquisito o il virus muti in una variante ancora più contagiosa.

Siamo in una fase di "stanca", ma dobbiamo evitare di farci prendere dalla stanchezza del dover ogni giorno lottare contro il virus e rinunciare ai mille gesti anche semplici cui eravamo abituati, come stringere le mani, abbracciarsi, riunirsi anche senza mascherine, sentirsi insomma liberi dal virus.
Guai se in fase di "stanca" vincesse la stanchezza!

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