Il tasso di letalità è una misura di incidenza cumulativa, che indica la proporzione di decessi per una determinata malattia sul totale dei soggetti ammalati in un determinato arco temporale. In MADE viene riportata una misura, comunemente detta “letalità apparente” o “case fatality rate” (CFR), dove il denominatore è costituito dai casi diagnosticati, che, nel caso del Covid-19, sono una quota di quelli che realmente sono stati contagiati.

Cosa ci aspettiamo dal calcolo del tasso di letalità apparente?  Beh, che ci dia una qualche informazione sulla letalità del Covid-19. Nel caso in cui il rapporto tra casi diagnosticati e contagiati sia vicino a 100, possiamo assumere che il CFR ci fornisca una buona approssimazione di quanto la malattia sia letale. Ma questo non accade perché una quota elevata (circa l’80%) dei contagiati sono asintomatici e difficilmente ricevono una diagnosi.

Non è facile stabilire quale sia la percentuale di diagnosticati sui contagiati e questa è sicuramente variata nel tempo. . Le modalità di accertamento dei casi diagnosticati (politiche di uso dei test, frequenza dei test, metodo e qualità dei test) sono quindi cambiate nel corso di questo anno di pandemia.  All’inizio della pandemia si testavano quasi esclusivamente i casi sintomatici, soprattutto i più severi. Dopo la prima ondata, con l’aumento dei tamponi effettuati e l’adozione della strategia del tracciamento, le diagnosi hanno riguardato anche gli asintomatici, oltre che i pauci-sintomatici. Inoltre, si è ampliata e diversificata la capacità di accertare la positività attraverso la diffusione di diversi tipi di test.

Per ciò che riguarda invece il numeratore del CFR (il numero di decessi), questo è fortemente influenzato dalla distribuzione per età dei contagiati, e dalle possibili differenze nei criteri di attribuzione della causa di morte. Per esempio, il numero di decessi accertati varia se si considerano solo casi confermati con test di laboratorio o anche i casi probabili, se il tempo intercorso tra il test e il decesso è più o meno ampio, differenze che dipendono dal tipo di test o dal luogo del decesso. Tuttavia, la variabilità di questi fattori è da ritenersi relativamente bassa nel periodo finora osservato.

Osserviamo ora il grafico che descrive l’andamento del CFR dal 1 aprile al 21 Febbraio che è possibile costruire facilmente con la piattaforma MADE.

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Notiamo come nel primo periodo il CFR raggiunge livelli elevati (fino al 15%), mentre da settembre il valore inizia ad oscillare attorno al 3%, dove si attesta nel mese di febbraio.  Questa oscillazione non dipende da una variazione della letalità (assai inverosimile in questi termini), ma dalla quota e dalla tipologia, in termini di gravità, dei positivi diagnosticati.  Grazie allo studio condotto da Istat e ISS sulla sieroprevalenza del Covid-19 tra il 25 maggio e il 15 luglio 2020, è possibile conoscere una stima dei contagiati a quella data, 1 milione 482 mila le persone, pari al 2,5% della popolazione. Si tratta di un numero pari a 6 volte di più rispetto al totale dei casi intercettati ufficialmente durante la pandemia, attraverso l’identificazione del RNA virale. Questo ci dà un’idea della quota di contagiati non diagnosticati nella prima fase dell’epidemia e può essere utile ad interpretare i valori del CFR calcolati fino a Luglio.

Una stima della letalità “vera” (detta infection fatality rate) è stata di recente prodotta da uno studio di Paradisi e colleghi e attestava il valore per il nostro paese al 1.31%. Da dicembre il CFR oscilla attorno al 3%, ciò indica che la quota di casi diagnosticati rispetto ai contagiati in questa seconda fase si aggira attorno al 44% (circa 1 caso ogni 2,3).

Altro grafico prodotto dalla piattaforma MADE mette in relazione l’andamento dei decessi con livelli prefissati della quota di positivi. (grafico relativo al periodo dal 1 ottobre 2020 al 21 febbraio 2021).

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Cosa possiamo dire invece dell’andamento descritto in questo grafico? Osserviamo una costanza della letalità apparente attorno al valore del 3% dal mese di dicembre in poi, con una stabilizzazione del numero di decessi.  Riflettiamo su cosa potrebbe far variare la letalità, a parità di quota di casi diagnosticati sui contagiati: 1) aumento (o diminuzione) della letalità del virus; 2) aumento della capacità di cura (nuove terapie efficaci); 3) aumento della copertura vaccinale con conseguente attenuazione della sintomatologia dei contagiati (il vaccino potrebbe non solo evitare il contagio, ma anche far sì che i contagiati abbiano forme meno severe della malattia). Al momento queste tre ipotesi sarebbero da escludersi, ma attendiamo i prossimi dati per capire se ci sarà un’evoluzione.

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