I dati ambientali ed epidemiologici

Riassunto degli aspetti generali

1. Le emissioni di sostanze inquinanti dell’impianto siderurgico di Taranto sono state e sono ancora elevate (con emissioni convogliate e fuggitive). I controlli campionari e i sistemi di monitoraggio continui della struttura regionale, ARPA Puglia, hanno messo in evidenza negli anni diverse criticità relative alle concentrazioni di PM10.1

2. Le sostanze emesse, alle concentrazioni riscontrate in aria ambiente, producono effetti sanitari prevedibili sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili: malattie dell’apparato cardiovascolare e respiratorio ed alcune forme tumorali. Il nesso eziologico è ben stabilito in letteratura, come riassunto dalla American Respiratory Society e dall’American College of Cardiologists, ed è stato utilizzato dall’Organizzazionemondiale della sanità nella definizione delle linee guida sulla qualità dell’aria.2-4

3. Gli impatti sanitari dell’inquinamento prodotto dall’impianto siderurgico di Taranto sono già ben conosciuti a livello europeo. L’ Agenzia europea per l’ambiente (EEA) di Copenhagen ha di recente stimato l’impatto sanitario e ambientale delle attività industriali nella EU.5 Sulla base di risultati disponibili dalla letteratura scientifica sull’effetto degli inquinanti dell’aria, sono stati calcolati i decessi, i ricoveri e gli altri eventi di interesse sanitario attribuibili alle emissioni dei grandi impianti. Gli economisti hanno poi quantificato il valore statistico di una vita umana in circa un milione di euro. Il rapporto riporta quindi, per i 622 grandi impianti europei, il danno tradotto in milioni di euro per un anno indice, il 2009. Si tratta di un tentativo di traduzione dell’informazione scientifica sul nesso di causalità in un indicatore di facile comprensione e uso nel processo decisionale politico. Il costo dell’impatto sanitario e ambientale dello stabilimento ILVA di Taranto è risultato compreso, a seconda del procedimento di stima usato, tra 283 e 463 milioni di euro all’anno.5

4. Gli studi epidemiologi condotti nell’area di Taranto confermano la validità delle stime di impatto delle agenzie europee. Le osservazioni sugli eccessi di mortalità a Taranto risalgono agli studi del’OMS degli anni Novanta con una chiara indicazione di eccesso sia per la mortalità per tutte le cause sia per la mortalità per tumori nella popolazione comunale rispetto alla regione.6 Tali risultati sono stati confermati per gli anni successivi dallo studio SENTIERI, prima per il periodo 1995-2001,7 e più di recente per il periodo 2003-2009.8 Nell’ambito della perizia epidemiologica è stato possibile valutare lo stato di salute della popolazione dei quartieri in prossimità dell’impianto (Tamburi, Borgo e PaoloVI).9 La compromissione dello stato di salute dei residenti in questi quartieri è elevata, non solo per le patologie oncologiche, ma sopratutto per le patologie cardiovascolari e respiratorie.

5. Tale quadro sanitario è attribuibile a esposizioni ambientali, a condizioni sociali di d. eprivazione, ed è anche il risultato di esposizioni professionali per lavorazioni riconosciute a rischio (siderurgia e costruzioni meccaniche e navali, ma anche potenzialmente per quelle legate alla raffineria, al cementificio, alle discariche e agli inceneritori).

6. Lo studio degli effetti a breve termine della relazione tra livello giornaliero degli inquinanti e mortalità e ricoveri ospedalieri10 ha mostrato, coerentemente con gli studi multicentrici e le metanalisi pubblicate in Italia e all’estero, una relazione tra picchi di inquinamento ed eventi sanitari, ma soprattutto un‘associazione e un impatto sostanzialmente più elevato nei quartieri vicini agli impianti.

Gli interventi

Le premesse

La situazione pone importanti quesiti di sanità pubblica. In casi come questo in cui è stato prodotto un danno all’ambiente e alla salute dei residenti, è doverosa la progettazione e la realizzazione di un articolato piano di interventi, concertato tra le istituzioni centrali (ISPRA ed ISS) e le istituzioni locali (ARPA, Agenzia Sanitaria Regionale, e ASL), sotto la responsabilità deiministeri competenti (ambiente, salute, attività produttive), anche in relazione alla Legge 21/2012 della Regione Puglia (Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio sulle emissioni industriali inquinanti per le aree già dichiarate a elevato rischio ambientale).

La complessità deriva dal dover coniugare l’osservazione sistematica della qualità dell’ambiente e la sorveglianza epidemiologica in rapporto alle eventuali modifiche ambientali intervenute, unite all’attivazione degli indispensabili interventi di prevenzione primaria e di assistenza sanitaria.
Nel caso di Taranto, il piano è motivato e utilizza le conoscenze ambientali ed epidemiologiche già prodotte, dalle osservazioni ambientali realizzate da ARPA Puglia, ai risultati dello studio SENTIERI, e ai risultati delle indagini epidemiologiche sugli effetti a lungo e a breve termine condotte nell’ambito dell’incidente probatorio. La progettazione e la realizzazione di un piano di questa portata, al di là degli attori istituzionali delineati sopra, necessita di una verifica costante da condurre con le autorità locali, le organizzazioni locali di rappresentanza dei lavoratori e della popolazione e le associazioni di cittadini. In questo momento è cruciale prevedere meccanismi di partecipazione ampia e reale alle attività di sorveglianza ambientale ed epidemiologica.

Sorveglianza ambientale

La sorveglianza ambientale oggi nell’area tarantina, si trova a dover documentare e valutare gli eventuali cambiamenti temporali nella concentrazione degli inquinanti ambientali, dal momento che si affrontano importanti e imponenti interventi di adeguamento, risanamento e bonifica. È per noi importante sottolineare ancora la complessità delle azioni di sorveglianza. Ad esempio si potrebbe considerare:

  1. l’uso delle centraline già esistenti di ARPA Puglia per gli inquinanti convenzionali (incluso PM10 e PM2.5) e la loro eventuale integrazione con altre centraline in posizione strategica all'interno delle aree critiche che emergono dai modelli di dispersione (vedi punto 5);
  2. la caratterizzazione giornaliera della granulometria delle polveri e della frazione fine ed ultrafine (in considerazione delle caratteristiche emissive);
  3. la caratterizzazione giornaliera delle componenti del particolato, inclusi solfati, nitrati, carbonio organico, carbonio elementare, e metalli (in considerazione dell’elevato quantitativo delle sostanze emesse e della peculiare attività tossicologica delle componenti);
  4. lamisura continua degli inquinanti organici persistenti (PCB, diossine e furani);
  5. la realizzazione di modelli di dispersione degli inquinanti che, con carattere di continuità, riescano a stimare la concentrazione degli inquinanti in ogni punto del territorio.

Un esempio interessante di piano di sorveglianza è quello sviluppato dalla Regione Emilia Romagna, il progetto di Supersito.11

Sorveglianza epidemiologica

Per quanto riguarda la sorveglianza epidemiologica, anche qui la complessità della situazione tarantina richiede uno sforzo importante di disegno e programmazione. Schematicamente possiamo indicare che:

1. occorremantenere la base informativa della coorte di popolazione (1998-2010), verificando la fattibilità di una ricongiunzione con la coorte arruolata e caratterizzata nella perizia epidemiologica, e proseguire in modo attivo il follow-up;

2. garantire la qualità delle basi di dati sanitarie esistenti (mortalità, ricoveri), potenziare il registro tumori, e costruire il sistema informativo della emergenza sanitaria a scopo epidemiologico. Gli accessi al pronto soccorso costituiscono infatti una base informativa importante per lo studio degli effetti a breve termine;

3. proseguire la sorveglianza epidemiologica sugli effetti a breve termine (mortalità, ricoveri ospedalieri ed emergenza di pronto soccorso) sfruttando i dati di esposizione della rete di monitoraggio della qualità dell’aria di ARPA Puglia. In questa prospettiva sarebbe estremamente utile disporre di dati relativi alla granulometria delle polveri e alla loro composizione;

4. studiare gli eventi riproduttivi (nati pretermine, peso alla nascita, rapporto tra i sessi per esempio) in modo retrospettivo e prospettico. Gli idrocarburi aromatici policiclici, oltre al loro potere cancerogeno, hanno infatti effetti sulla gravidanza e sullo sviluppo neurocomportamentale e non ci sono ancora valutazioni epidemiologiche disponibili a Taranto;

5. individuare un gruppo (panel) di soggetti suscettibili (bambini, soggetti affetti da BPCO o malattie cardiache) da seguire nel tempo con accertamenti ripetuti di natura clinica e strumentale;

6. condurre uno studio trasversale di grandi dimensioni per caratterizzare la popolazione, le abitudini di vita, e il quadro cardiovascolare e respiratorio. Tale studio può anche essere utile per condurre interventi di prevenzione primaria sull’apparato cardiovascolare e respiratorio;

7. predisporre un protocollo epidemiologico per la valutazione della prevalenza di altre patologie (disturbi neurologici e renali, allergie e patologie autoimmuni) nella popolazione tarantina.

Biomonitoraggio, banca biologica e bioteca

L’esposizione subita dalla popolazione tarantina è stata caratterizzata in vari modi, ma è essenzialmente centrata su alcuni inquinanti.10 Invece, la valutazione della dose assorbita e di altri marcatori biologici della relazione tra l’esposizione e l’organismo non è ancora stata oggetto di adeguate indagini (un primo importante studio di Iavarone et al. è pubblicato in questo numero di E&P).12

Vista la quantità e la qualità in termini di tossicità delle esposizioni in oggetto, (idrocarburi policiclici aromatici, benzene, diossine, asbesto, polveri fini, ossidi di azoto e anidride solforosa, per elencare quelli usualmente considerati nella letteratura epidemiologica sulla città di Taranto) è importante che si disponga di un piano di biomonitoraggio a livello di popolazione. Il biomonitoraggio ha lo scopo di misurare la presenza e gli effetti precoci delle sostanze inquinanti nelle persone esposte ed è perciò fondamentale per pianificare azioni di tutela, di mitigazione e, nel tempo, per valutare il miglioramento a seguito dell’adozione di misure di contenimento o bonifica ambientale. Occorre tuttavia tenere presente che, questi studi pongono almeno due problemi fondamentali: se e come si debba riportare l’informazione agli individui donatori; se e come si debba ottenere il consenso esteso alla conservazione del materiale biologico.

L’uso aggregato e non individuale: il bene collettivo

I risultati analitici del biomonitoraggio hanno in genere un valore epidemiologico, e sono interpretabili su base aggregata, di popolazione. D’altra parte proprio la natura esplorativa e descrittiva del biomonitoraggio sottolinea quanto le conoscenze scientifiche siano limitate e incerte e che quindi eventuali benefici individuali siano spesso solo di natura speculativa. Nel caso per esempio di uno studio sugli addotti al DNA misurati nelle cellule nasali di due gruppi di bambini, esposti e non esposti a inquinamento dell’aria, i donatori acconsentivano soltanto a un uso aggregato dell’informazione e nessun dato individuale veniva restituito.13 Ottenere il consenso al solo uso aggregato implica la necessità di definire chiaramente quale azione volta al bene collettivo e legata alla relazione salute-ambiente venga poi intrapresa. I donatori si sentono quindi partecipi di questo processo.

La conservazione del materiale biologico donato

Il consenso esteso alla conservazione del materiale biologico è un punto cruciale per il quale la normativa è in continua evoluzione.14 Uno studio di biomonitoraggio che non si accompagni alla costituzione di una banca biologica, cioè non preveda la conservazione di parte delmateriale biologico donato, rischia di disperdere gran parte delle potenzialità informative dell’indagine. Infatti, saranno indagati solo i marcatori biologici noti al momento dell’indagine, mentre le conoscenze biologico-molecolari e genetiche avanzano a a grande velocità e tecniche nuove saranno disponibili nel futuro prossimo. L’aver conservato il materiale biologico dei donatori permette di effettuare negli anni a venire analisi impensabili al momento della donazione.

Nell’esperienza del progetto «Sarroch Ambiente e Salute» questi due aspetti (salute come bene collettivo e consenso esteso alla donazione dimateriale biologico) hanno fornito lo stimolo per la proposta di uno strumento nuovo di partecipazione del donatore alla ricerca biomolecolare: la costituzione di una bioteca.15,16 Il cambiamento di nome (da biobanca a bioteca) è voluto per sottolineare una discontinuità dalla conservazione alla consultazione/partecipazione, come in una biblioteca dove tutti attingono alla conoscenza. Ma il punto centrale non è questo, perché la conoscenza non è attingibile direttamente, il materiale biologico conservato contiene informazioni decodificabili solo tramite tecniche molto sofisticate. Il punto centrale è la partecipazione e il controllo delle finalità della ricerca.

La bioteca è infatti il terzo soggetto tra il ricercatore e il donatore: è una struttura indipendente formata dalla collettività dei donatori e che di essi ha la fiducia.17 Questo a Sarroch si è concretizzato in una Fondazione,ma si possono prevedere anche altre formulazioni del principio.18

Nel caso di Taranto, è fondamentale che la popolazione non subisca iniziative dall’alto e possa partecipare consapevolmente al processo di riqualificazione ambientale e anche al monitoraggio epidemiologico. Crediamo che si possa iniziare a discuterne le forme e le modalità ma si comincia dall’affermazione di un ruolo attivo della popolazione nelle indagini di epidemiologia molecolare.

In conclusione, necessità di programmi ed interventi, che hanno bisogno di partecipazione, elevata professionalità, ed un vasto (non facile) consenso.

Bibliografia

  1. ARPA Puglia. http://www.arpa.puglia.it/web/guest/qaria_daptaranto
  2. ATS, Committee of the Environmental and Occupational Health Assembly of the American Thoracic Society (CEOHA-ATS). Health effects of outdoor air pollution. Am J Respir Crit CareMed 1996;153:3-50.
  3. Brook RD, Rajagopalan S, Pope CA 3rd, et al. Particulate matter air pollution and cardiovascular disease: An update to the scientific statement from the American Heart Association. Circulation 2010;121 (21):2331-78.
  4. WHO. Air Quality Guidelines - Global Update 2005. Particulate matter, ozone, nitrogen dioxide ands ulfur dioxide. WHO, 2006. http://www.euro.who.int/air/activities/20050222_2
  5. EEA Technical report. Revealing the costs of air pollution from industrial facilities in Europe. Copenhagen, 2011 http://www.eea.europa.eu/pressroom/newsreleases/industrial-air-pollution-cost-europe
  6. Martuzzi M, Mitis F, Biggeri A, Terracini B, Bertollini R. Ambiente e stato di salute nella popolazione delle aree ad alto rischio di crisi ambientale in Italia. Epidemiol Prev 2002;26(6) Suppl:1-53.
  7. Pirastu R, Iavarone I, Pasetto R, Zona A, Comba P. SENTIERI-Risultati. Epidemiol Prev 2011;35(5-6) Suppl 4:1-204.
  8. Comba P, Pirastu R, Conti S, et al. Ambiente e salute a Taranto: studi epidemiologici e indicazioni di sanità pubblica. Epidemiol Prev 2012;36(6):305-20.
  9. Mataloni F, Stafoggia M, Alessandrini E et al. Studio di coorte sulla mortalita e morbosita nell’area di Taranto. Epidemiol Prev 2012;36(5):237.
  10. Sintesi perizie. attualita/ilva-saperne-di-piu
  11. http://www.arpa.emr.it/supersito/index.asp
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  13. Tallacchini M. Human Tissues in the ‘Public Space’: Beyond the Property/Privacy Dichotomy. In: Pascuzzi G, Izzo U, Macilotti M (eds.), Comparative Issues in the Governance of Research Biobanks. Springer, Dordrecht, 2012.
  14. Biggeri A, De Marchi B, Tallacchini M. La Bioteca di Sarroch: uno strumento civico a tutela della salute umana e ambientale. Ecoscienza 2011; n.3.
  15. De Marchi B. I rischi della comunicazione: La Bioteca di Sarroch: comunicare con i fatti. Epidemiol Prev 2011;35(3-4):243- 44.
  16. Winickoff DE. Winickoff RN. The charitable trust as a model for genomic biobanks. NEJM 2003;349:1180-84.
  17. De Paoli M, Della Chà C, Gigliotti I. La nuova disciplina del “terzo settore”: clausole statutarie. Tecniche Contrattuali. Notariato 1998;3:253-72.

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