Le ricerche scientifiche

Fra gli scienziati c’è ormai un generale consenso sull’urgenza di intervenire sulle cause del cambiamento climatico e di mettere in atto strategie di adattamento per evitare le conseguenze più drammatiche.

Un ricercatore dell’Imperial College, Apostolos Voulgarakis, ha recentemente mostrato in Nature Climate Change1 che l’atmosfera è estremamente sensibile ai cambiamenti prodotti dall’uomo, e che le conseguenze di tali cambiamenti possono essere imprevedibili e a volte anche peggiori delle previsioni. L’articolo è incentrato in particolare sugli effetti che alcuni gas, detti short-lived climate pollutants (SLCP), hanno sulla troposfera (lo strato di 12-20 chilometri dell’atmosfera direttamente a contatto con la Terra). Questi gas, tra cui l’ozono e il metano, sono responsabili di gran parte del cambiamento climatico, e i loro effetti durano da pochi giorni fino a 15 anni; mentre altri gas, come l’anidride carbonica e i CFC, hanno un’emivita di decadi o secoli. Secondo Voulgarakis, agire sugli SLCP non risolve il problema del cambiamento climatico sul lungo periodo, ma può almeno attenuarlo e consente di guadagnare tempo per elaborare soluzioni più radicali e durature.

In un recente articolo, Anthony McMichael, l’epidemiologo australiano che per primo ha introdotto il tema degli effetti sulla salute del cambiamento climatico, riassume le prove accumulate negli ultimi anni:2 è ormai chiaro che gli effetti non sono solo quelli abitualmente identificati, ma vi sono anche numerosi effetti indiretti, come la riduzione della produttività lavorativa e l’interferenza con le attività della vita quotidiana a causa del mutamento della temperatura, ma anche le malattie mentali... Accedi per continuare la lettura

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