Riassunto

Care lettrici e cari lettori,

la prematura scomparsa di Barbara Pacelli ha segnato tutti noi, perché Barbara è stata una di quelle persone che fanno la differenza. [...] Per questo motivo abbiamo pensato che un bel modo di ricordarla fosse quello di raccogliere in questo volume monografico a lei dedicato i lavori inediti degli epidemiologi italiani sugli effetti di salute dello svantaggio sociale.

Care lettrici e cari lettori,

la prematura scomparsa di Barbara Pacelli ha segnato tutti noi, perché Barbara è stata una di quelle persone che fanno la differenza. Ha fatto la differenza per gli amici, grazie alla sua capacità di esserci sempre ed essere disposta ad ascoltare senza giudicare. Ha fatto la differenza per i colleghi vicini e lontani, grazie al suo essere brillante e alla sua sincera attitudine a collaborare. Ha fatto la differenza per l’Associazione italiana di epidemiologia, grazie al suo costante e fruttuoso impegno, sia quando è stata in segreteria sia dopo, nei gruppi di lavoro. Ma Barbara ha fatto la differenza anche per l’epidemiologia, contribuendo con il suo fine intelletto e con la sua attenzione emotiva allo studio delle diseguaglianze di salute sia per riconoscerne i determinanti sia per contribuire all’elaborazione delle azioni di prevenzione conseguenti. Per questo motivo abbiamo pensato che un bel modo di ricordarla fosse quello di raccogliere in questo volume monografico a lei dedicato i lavori inediti degli epidemiologi italiani sugli effetti di salute dello svantaggio sociale.

Il volume si apre con gli affetti: il ricordo di Barbara dei colleghi bolognesi che hanno lavorato al suo fianco e il ricordo della segreteria AIE 2014-2016 alla quale lei ha dedicato tante energie. Segue una nota di Epidemiologia&Prevenzione, che ripercorre gli articoli scritti da Barbara per la rivista nei quali si legge la passione per la ricerca al servizio della salute delle persone nelle fasce sociali più deboli. Chiude la sezione introduttiva l’editoriale di Giuseppe Costa: una lectio magistralis che parte dalle definizioni di vulnerabilità, suscettibilità e fragilità per poi proporre per la prima volta in maniera organica come queste debbano essere presenti nelle domande di ricerca e nelle decisioni della sanità pubblica e delle politiche non sanitarie. L’editoriale termina con tre autorevoli raccomandazioni che noi crediamo si prestino bene a fare da compendio di questo numero monografico: bisogna imparare a misurare meglio i fattori di vulnerabilità nei sistemi informativi sanitari; bisogna perfezionare le capacità di studio della vulnerabilità come modificatore di effetto, sia in termini di sistemi di indagine sia di metodi di analisi; bisogna agire sulla programmazione sanitaria nazionale affinché i percorsi decisionali e di innovazione possano essere influenzati da queste nuove informazioni su vulnerabilità, suscettibilità e fragilità.

I contributi scientifici del volume sono stati suddivisi in quattro aree di interesse: le disuguaglianze di salute nel contesto italiano; la salute delle popolazioni immigrate, migranti, richiedenti asilo e rifugiate; le disuguaglianze della salute materno-infantile; l’epidemiologia delle disuguaglianze a servizio degli interventi.

Le disuguaglianze di salute nel contesto italiano

Il primo articolo non poteva che essere quello di Nicola Caranci e colleghi dedicato alle disuguaglianze di mortalità per titolo di studio. Per verificare se queste disuguaglianze sono differenti a seconda del livello di urbanizzazione del comune di residenza sono stati utilizzati i dati dello studio longitudinale dell’Emilia-Romagna. Questo lavoro, come altri successivamente, conferma che gli studi longitudinali regionali, basati sui dati censuari e sulle informazioni generate dai registri sanitari, sono uno strumento privilegiato per lo studio delle disuguaglianze di salute. Barbara, non solo ha dato l’idea del lavoro con un abstract presentato al convegno AIE di Catania del 2019, ma ha lavorato alacremente con i colleghi per poter estendere lo studio longitudinale dell’Emilia-Romagna fino alla completa copertura regionale, consapevole dell’importanza di avere uno studio il più ampio possibile sia per la ricerca sia per le sue ricadute sulla sanità pubblica.

Anche i due articoli successivi mostrano, per il contesto della città di Roma, quanto l’appaiamento di dati individuali amministrativo-censuari con quelli sanitari sia utile per studiare le disuguaglianze di salute. Il lavoro di Giulia Cesaroni e colleghi valuta l’effetto sulla mortalità di un indicatore socioeconomico poco utilizzato: il valore economico dell’immobile di residenza. Questo indicatore risulta essere un buon predittore della mortalità, al pari dell’istruzione. L’articolo di Lorenzo Paglione e colleghi valuta invece l’effetto sugli accessi al pronto soccorso e sulla mortalità della marginalità del quartiere in cui si vive, rilevando una forte associazione tra contesti abitativi svantaggiati e un eccesso di esiti di salute sfavorevoli. Risultati analoghi provengono dallo studio di Valeria Gentili e colleghi che, utilizzando un approccio ecologico, trovano nei quartieri di Bologna un’associazione tra basso livello di istruzione e peggiori esiti di salute.

Uno degli aspetti più rilevanti di questo numero monografico è determinato dalla presenza di studi riguardanti zone per le quali fino ad ora erano disponibili poche informazioni. Questo è il caso dell’articolo di Achille Cernigliaro e colleghi, che riporta un’analisi del profilo di equità in Sicilia, con lo scopo di valutare l’effetto delle disuguaglianze sociali ed economiche sui profili di salute.

Chiude la prima sezione il lavoro di Giorgio Mattei e colleghi che, usando i dati italiani ISTAT e OCSE dal 1990 al 2014, rileva un’associazione tra accesso al credito e suicidi, in particolar modo nella popolazione maschile.

La salute delle popolazioni immigrate, migranti, richiedenti asilo e rifugiate

Anche questa sezione si apre con un articolo in cui la presenza di Barbara si sente molto. Nicolás Zengarini e colleghi prendono le mosse da un lavoro scritto con Barbara sulla popolazione immigrata negli studi longitudinali torinese e emiliano per valutare l’inconsistenza di status, ovvero l’assenza di correlazione tra mortalità e titolo di studio in quanto quest’ultimo, in questa popolazione, non è correlato al tipo di lavoro svolto.

I due successivi articoli evidenziano ancora una volta come per la maggior parte degli indicatori di salute e di accesso alle cure le popolazioni immigrate risultino svantaggiate rispetto alla popolazione indigena. Questo dato è osservabile sia su larga scala, nel lavoro di Anteo di Napoli e colleghi che utilizza i dati nazionali raccolti da INMP, sia in singoli contesti, come nel lavoro di Mario Muselli e colleghi, che utilizza i dati di una singola ASL abruzzese.

Da alcuni anni, oltre allo studio delle popolazioni immigrate stabilmente residenti, si presta attenzione anche allo stato di salute e all’assistenza delle popolazioni in corso di migrazione, richiedenti asilo o immigrate in maniera irregolare. Queste popolazioni sono particolarmente difficili da studiare perché il più delle volte è impossibile conoscere i denominatori e, spesso, anche i numeratori rimangono nascosti. Sono particolarmente interessanti, quindi, i tre lavori dedicati a questo tema, primi passi per lo studio più approfondito di queste popolazioni. Martina Bronsino e colleghi utilizzano i dati di un centro di accoglienza regionale per descrivere il fenomeno delle violenze subite dalle donne nel corso della loro migrazione dai paesi di origine all’Italia. Leonardo Mammana e colleghi, con un approccio qualitativo, descrivono il percorso assistenziale delle persone richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, individuandone punti di forza e criticità. Gianluigi Ferrante e colleghi descrivono gli esiti dello screening dei tumori della cervice uterina delle donne che vi accedono tramite le organizzazioni di volontariato, riuscendo così a descrivere alcune informazioni sulle donne straniere irregolari.

Le disuguaglianze della salute materno-infantile

Questa sezione raccoglie tre contributi sul percorso di nascita e due sulla popolazione pediatrica. Permangono grosse differenze a sfavore delle classi sociali più disagiate riguardo all’accesso agli screening, all’assistenza in gravidanza e alla patologia perinatale. Questo risultato è confermato sia da Luisa Mondo e colleghi che hanno utilizzato i dati delle schede CedAP della Regione Piemonte, sia da Costanza Pizzi e colleghi che hanno utilizzato i dati provenienti della coorte NINFEA. Risulta inoltre evidente dalla revisione sistematica di Rosario Asciutto e colleghi che gli interventi volti a ridurre queste disuguaglianze sono costo-efficaci, in particolar modo se diretti alla popolazione immigrata o alle minoranze etniche.

Lo svantaggio sociale familiare non si manifesta solo nel percorso nascita, ma si estende all’infanzia. Lo evidenzia il lavoro di Serena Broccoli e colleghi, che mostra come un intervento motivazionale per la riduzione dell’obesità infantile sia più efficace se le madri hanno un titolo di studio elevato. E lo evidenzia anche il lavoro di Pamela Di Giovanni e colleghi che, utilizzando i dati della regione Abruzzo, trova un’associazione positiva tra indice di deprivazione del comune di residenza e i ricoveri pediatrici prevenibili.

L'epidemiolgia delle disuguaglianze a servizio degli interventi

L’ultima area di interesse comprende due lavori che mettono in evidenza la ricaduta della ricerca epidemiologica sulle popolazioni deprivate sull’individuazione delle priorità degli interventi di sanità pubblica. Il primo lavoro è quello di Roberto Gnavi e colleghi che, guidati dall’analisi dei dati sul diabete a Torino, hanno avviato una rete cittadina di assistenza diabetologica centrata sull’equità. Il secondo lavoro, di Elias Allara e colleghi, illustra il progetto di uno studio sugli effetti a medio-lungo termine dei terremoti in Italia. La scelta di chiudere la monografia con questo articolo non è casuale. Barbara ha contributo sostanzialmente alla ricerca in questo campo e nel 2019, in un editoriale a suo primo nome, ribadiva che “un accurato monitoraggio dello stato di salute delle popolazioni esposte ai disastri è essenziale per identificare i problemi prioritari di salute e gli eventuali gruppi vulnerabili” (Recenti Progr Med 2019: 110: 209-211). Questa proposta di record-linkage dei dati amministrativi, sanitari e catastali sarebbe un importante lascito scientifico di Barbara e un’azione concreta a supporto delle popolazioni più deboli.

Vi auguriamo una buona lettura di questo numero in cui l’epidemiologia italiana, in nome di Barbara, ha messo insieme un compendio completo e di alto livello della ricca ricerca che viene fatta sulle popolazioni svantaggiate. Crediamo che Barbara sarebbe orgogliosa e contenta del lavoro fatto.

Fulvio Ricceri e Luigi Bisanti

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