Riassunto

La primavera scorsa, il Guardian (e in Italia il Manifesto) ha pubblicato un elenco di 34.361 morti di migranti avvenute nel tentativo di arrivare in Europa tra il 1993 e il 2018. Di molte di queste morti si conoscono le circostanze, ma non i nomi degli interessati. Non sono pochi i suicidi e neppure le morti di bambini.

La primavera scorsa, il Guardian (e in Italia il Manifesto) ha pubblicato un elenco1 di 34.361 morti di migranti avvenute nel tentativo di arrivare in Europa tra il 1993 e il 2018. Di molte di queste morti si conoscono le circostanze, ma non i nomi degli interessati. Non sono pochi i suicidi e neppure le morti di bambini.
A seguito delle azioni degli ultimi due ministri dell’Interno, il numero degli sbarchi in Italia è sceso da 170.000 nel 2014 a 119.00 nel 2017, ed è crollato successivamente. Tuttavia, il rischio di morire nella traversata è aumentato da 1,8% nel 2015 a 5,7% nei primi mesi del 2018.2 Un rischio non molto diverso da quello che corre chi si sottopone a un trapianto di cuore. Nel 2017 i morti annegati nel Mediterraneo sono stati 3.116, più delle vittime delle Torri Gemelle. Ma si dirà: anche se il rischio aumenta, il numero assoluto diminuisce ed è questo che conta. In realtà, le cose non stanno proprio così. Come spiega bene Matteo Villa dell’ISPI,3 nei primi 4 mesi del governo Conte l’arrivo di migranti è diminuito, ma il numero giornaliero di morti e dispersi è tornato a crescere passando dai 3 al giorno del periodo di Minniti agli 8 morti al giorno ai tristi tempi di Salvini. Senza contare che, a causa degli ostacoli alle navi che operano salvataggi in mare, abbiamo sempre meno idea di quanti muoiano senza testimoni. Ben poco sappiamo sul destino di chi tenta di partire senza arrivare a imbarcarsi o è stato obbligato a rientrare prima di approdare in Italia; e nemmeno di chi viene rimpatriato con aerei gentilmente posti a disposizione dal nostro governo.
Alla fine di agosto, Stefano Vella, Presidente dell’AIFA, dopo il caso Diciotti, si è dimesso perché «la coscienza di medico lo pone in una condizione di forte dissenso rispetto all’operato del governo sui problemi dei migranti» che è contrario all’obbligo prescritto dalla Costituzione di curare chiunque si trovi nel nostro territorio. Molti hanno espresso a Vella solidarietà personale, ma sul piano istituzionale l’argomento è caduto nel vuoto e la ministra della Salute Grillo non ha commentato. In realtà, Vella non è isolato nel denunciare i rischi della domanda politica di “difesa delle frontiere” e le prevedibili conseguenze sanitarie dell’irrigidimento dell’Italia. Negli stessi giorni, il presidente della Federazione nazionale dell’Ordine dei medici (FNOMceO), Filippo Anelli, ha ringraziato i medici «che si adoperano per soccorrere e curare le vittime delle tante emergenze anche sanitarie di questa terribile estate ... che si indignano per le discriminazioni e si battono per i diritti fondamentali dell’uomo». Un precedente messaggio dell’Ordine dei medici di Torino faceva appello ai medici e cittadini europei e ai decisori politici per riaffermare e praticare i principi di solidarietà e umanità che fondano le democrazie europee. È consolante constatare che da anni (almeno dal rifiuto dell’esortazione di un governo Berlusconi a segnalare i pazienti irregolari che si rivolgevano al SSN) la FNOMCeO prende posizioni forti per ribadire che la tutela della salute e i principi di solidarietà sono “patrimonio storico della nazione”.
Più attenuata (per non dire inesistente) è stata la presenza dei ricercatori in tema di salute pubblica e degli operatori della prevenzione. Almeno fino alla fine di settembre, quando scrivo questo Sestante, l’Associazione italiana di epidemiologia non ha commentato le conseguenze delle tendenze governative (ma non dubito che il tema verrà affrontato nel corso del convegno annuale dell’AIE che si terrà a Lecce in ottobre); e neppure vi sono state espressioni da parte della Società italiana di igiene e della Società nazionale degli operatori della prevenzione.
Opportunamente, in un recente editoriale,2 Rodolfo Saracci ricorda le parole di James Orbinski, presidente di Medici senza frontiere, al momento di ricevere il Premio Nobel per la pace nel 1999: «Non siamo sicuri che le parole possano sempre salvare delle vite, ma sappiamo che certamente il silenzio è capace di uccidere». E Rodolfo, giustamente, aggiunge al silenzio l’indifferenza. C’è da chiedersi come si può rimanere indifferenti di fronte al racconto delle esperienze di chi arriva: per esempio, quelle dei ragazzi accolti nei centri del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione.4

Bibliografia e note

  1. Disponibile qui: https://uploads.guim.co.uk/2018/06/19/TheList.pdf
  2. Saracci R. Insidiosa barbarie. Recenti Prog Med 2018;109(7):367-68
  3. Villa M. Sbarchi in Italia: il costo delle politiche di deterrenza. https://bit.ly/2IuF5RI
  4. Calò A, Fossarello L, Serafino S. Accogliere giovani vite in fuga: quale lavoro con i minori stranieri non accompagnati. Animazione Sociale 2017; n° 313, 96-104.
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