Riassunto

Il fatto

In molte forme tumorali sono state segnalate alterazioni molecolari e genetiche. Nei tumori vescicali, per esempio, vi sono alterazioni dell’espressione di oncogeni, di geni soppressori e di geni per la riparazione del DNA. Chiarire se sono associate in modo specifico all’esposizione a determinati cancerogeni (per esempio ad amine aromatiche) può contribuire a capire il processo della cancerogenesi. Le alterazioni genetiche vengono comunemente studiate nei campioni di tessuti neoplastici, che – dopo la diagnosi istologica – vengono conservati nei laboratori di Patologia nell’interesse del paziente. Infatti, finché è vivo, può essere necessaria una revisione della diagnosi su sezioni istologiche aggiuntive. Quindi, potenzialmente, l’interesse del paziente può essere leso da utilizzi dei campioni di tessuto per altri scopi.

Il quesito

  • In studi di epidemiologia molecolare, con quali criteri si deve affrontare (e possibilmente risolvere) l'eventuale conflitto tra l'interesse del paziente e gli obiettivi della ricerca scientifica?
  • E' ragionevole chiedere ai pazienti, al momento della biopsia, un consenso per utilizzare i loro tessuti in un progetto di ricerca che non è ancora programmato?
  • Il consenso informato dovrebbe essere richiesto quando ,o studio viene disegnato (forse, molti anni dopo la diagnosi)?
  • Si deve informare il paziente dei risultati delle analisi molecolari specifiche compiute sui suoi tessuti?

 

Il commento
Probabilmente, molti di noi risponderebbero con un cauto «si» a tutte le domande. Ma, in parte, si tratta di risposte teoriche, non necessariamente fondate sulle reali pratiche scientifiche e cliniche, o sulle effettive esigenze dei pazienti e dei ricercatori. I «si» potrebbero perfino essere incoerenti con le implicazioni delle ricerche. In primo luogo perché spesso non è possibile ottenere un consenso effettivamente informato. Inoltre, perché i potenziali conflitti sono spesso risolvibili. Per esempio, se si rischia di portare ad esaurimento un campione di tessuto (perché è necessario utilizzare il materiale a fini di ricerca), è possibile eseguire o conservare una buona fotografia elettronica, oppure estrarre e immagazzinare il DNA. Questo è stato fatto, per esempio, quando i pazienti erano deceduti e si voleva utilizzare i tessuti rimanenti per ricerca. Ma vorrei accennare ad altre due questioni.
Primo: spesso il preciso significato – biologico, clinico e a fini di salute pubblica – di molte osservazioni di patologia o epidemiologia molecolare è sconosciuto o incerto. Certamente, spesso le questioni etiche sono in arretrato rispetto alla ricerca scientifica. Ma io sospetto che talora si tende a essere precipitosi nella identificazione dei risvolti etici. Quando non si è sicuri che una data alterazione genetica abbia un valore predittivo per il rischio di contrarre la malattia, l’esigenza di informare i pazienti o i loro parenti è meno impellente. Il fatto è che spesso la rilevanza clinica delle osservazioni di laboratorio viene esagerata, soprattutto nelle fasi precoci di alcune scoperte. Prima di affrontare le implicazioni etiche, è quindi cruciale valutare adeguatamente la validità interna ed esterna delle osservazioni.

Secondo: l’epidemiologia dei tumori, come quella di altre malattie, ha una ricca tradizione di valutazione critica della validità dell’informazione che viene utilizzata in clinica e in patologia per la diagnosi, la stadiazione e la prognosi. Purtroppo, questa non è ancora una pratica consolidata in epidemiologia molecolare, dove invece frequentemente ci si imbatte in ricerche effettuate con campioni piccoli e non rappresentativi. Tali ricerche non sono in grado di integrare valide informazioni biologiche, cliniche e ambientali ottenute da popolazioni selezionate in modo non distorto (Porta M et al. Incomplete overlapping of biological, clinical and environmental information in molecular epidemiologic studies: a variety of causes and a cascade of consequences. J Epidemiol Community Health 2002. Porta M et al. Generalizing molecular results arising from incomplete biological samples: expected bias and unexpected findings. Ann Epidemiol 2002). Invero, il reperimento dei tessuti, e più in generale la disponibilità di campioni biologici, sono cruciali in epidemiologia molecolare. Molti epidemiologi sanno che la completezza della «base biologica dello studio» è spesso limitata per motivi etici, clinici e logistici. Tuttavia, inspiegabilmente, studi molecolari spesso non sono in grado di stabilire se i risultati soffrano a causa di distorsioni di selezione.
E’ un argomento che richiede molta più attenzione di quanto non venga loro data nella realtà, per ogni sorta di ragioni: etiche, scientifiche e pragmatiche.

Miquel Porta, MD, MPH, PhD
Clinical & Molecular Epidemiology of Cancer Unit,
Institut Municipal d’Investigacio Medica (IMIM), and
Universitat Autonoma de Barcelona, Catalonia, Spain

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