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Camici a Sud è un libro rapsodico, come l’ha definito il filosofo Vattimo. Un libro fatto di sguardi. Di proposte di riforma della sanità. Di una sanità del Sud.
Maurizio Portaluri, oncologo e ricercatore brindisino, propone di legare in maniera esclusiva il medico al servizio sanitario, garantendogli una formazione ad alto livello e l’accesso a tecnologie di provata efficacia; propone un approccio multidisciplinare nel quale è lo specialista che accompagna il paziente da un altro specialista di cui ha bisogno, non lasciando in tal modo il malato solo e disorientato. Propone un’informazione scientifica del farmaco da ammettere solo in contraddittorio con i farmacisti delle strutture ospedaliere.
Vede all’orizzonte la sanità come bene pubblico, pienamente accessibile anche alle persone meno abbienti; costruito sui bisogni della persona malata, non su quelli degli operatori sanitari; un bene pubblico che favorisce la salute attraverso la prevenzione, quella vera, quella primaria, che in Puglia, come altrove, deve fondarsi sull’impiantistica.
Portaluri offre al lettore sguardi sul Sud della penisola. Un Sud arretrato anche nelle sue istituzioni sanitarie.
Arretramento che si traduce in una migrazione sanitaria che paradossalmente solo in parte riguarda condizioni complesse.
Arretramento che si mostra in episodi di corruzione di pubblici impiegati e di eletti che ricoprono ruoli chiave proprio nella gestione e nell’indirizzo del bene pubblico.
Arretramento per l’incapacità delle classi dirigenti meridionali di attivare processi di modernizzazione anche nei settori vitali per le persone.
Arretramento nella conoscenza dei fenomeni sanitari, la cui necessità è il vero e proprio filo rosso che attraversa il libro. Ne è un esempio la necessità di conoscere i bisogni di salute della popolazione, di poter valutare con indicatori condivisi i risultati di salute – non solo di produzione – raggiunti dal personale sanitario, la necessità di conoscere per intervenire nel contrasto a fenomeni di consumismo farmaceutico e radiologico.
La prosa di Portaluri è asciutta, comprensibile, e non si nasconde dietro aggettivi reboanti, perché ha l’unico scopo di portare al lettore, con efficacia, il pensiero dell’autore.
Portaluri non offre al lettore ricette preconfezionate, non alimenta pessimismo e rassegnazione, ma contribuisce a processi di rigenerazione della sanità meridionale attraverso una costante opera di divulgazione di buone pratiche e di esperienze maturate anche in ambiti internazionali. Vi contribuisce attraverso una relazione continua con le persone, perché per evitare «il tracollo del servizio sanitario pubblico […] c’è bisogno di una risposta di popolo, da costruire con il dialogo l’incontro e il confronto».

Dello stesso autore

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Di fabbrica si muore (Manni editore, 2008), la storia, come tante, di Nicola Lovecchio, morto di tumore al petrolchimico di Manfredonia; qui l’autore, con Alessandro Langiu, scrive di Manfredonia, la “Seveso del Sud”, e riporta un dialogo tra il medico «portatore di un sapere tecnico e canonico» e il lavoratore «portatore di un sapere, sul suo lavoro e sulla sua malattia, assolutamente soggettivo e non rinvenibile in nessun documento ufficiale».

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Nel volume La sanità malata, viaggio nella Puglia di Vendola (Glocal editrice, 2008) racconta la sua esperienza di direttore generale di un’ASL pugliese, della voglia di cambiamento che anima l’inizio di quell’esperienza, degli ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione, di una “rivoluzione gentile” mancata, perché la «politica ha fretta di raccogliere consenso e si adegua alle agenzie che generano il consenso».

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