Adesso ci si è messo pure il giornale La Repubblica che il 5 luglio a pagina 16 fa la rima alle dichiarazioni di Confcooperative che dicono di aver rielaborato i dati Istat e Censis! Queste continue bufale (non le chiamiamo fake news per non ingentilirle) sembrano purtroppo fatte ad arte per convincere la gente che il SSN non è più in grado di soddisfare i bisogni di salute per cui diventa indispensabile aprire una polizza assicurativa per la salute. Ma anche voi ci “cascate”?

Io la penso così...

In realtà sempre su il blog de La Repubblica il 7 giugno Michele Bocci scriveva un intervento dal titolo Quando il Censis gioca sui numeri della sanità  in cui si spiegava molto bene la scorrettezza delle cifre sbandierate. Ma poi sullo stesso giornale il 5 luglio viene fatto uscire un comunicato come questo:

Qui due sono soprattutto informazioni al di sopra di ogni seria credibilità: la prima è che venti milioni di italiani rinunciano a curarsi e la seconda che questi per accedere alle cure si fanno ricoverare e così intasano gli ospedali!

Vediamo perché queste informazioni non sono credibili alla luce dei dati disponibili:

L’indagine di Eu-silc di Eurostat del 2016 fatta su un campione di persone dai 16 anni in su formula una domanda sul livello autopercepito di salute e ottiene le seguenti risposte riportate alla stima dell’intera popolazione:

Trentacinque milioni e mezzo dicono di star bene o molto bene e solo poco più di quattrodici milioni dicono di avere qualche problema, anche non grave, di salute. I circa dieci milioni che mancano sono i soggetti sino ai 15 anni non compresi nell’indagine e che grazie alla loro età sono per lo più in buona salute. Se poi si considerano solo i “malati cronici”  questi sono stimati essere sette milioni e mezzo, e di questi dicono di non star bene solo sei milioni e mezzo.

Ma allora se chi non sta in salute, gravemente o lievemente, sono all’incirca quindici milioni, come possono esserci addirittura venti milioni di persone che non si curano o addirittura vendono casa per curarsi? Oltretutto tutti sanno che al disotto di una cifra di reddito le cure del SSN sono esenti anche dal pagamento di un ticket e se questo è richiesto di sicuro è molto difficile che la somma accumulata possa paragonarsi al ricavo della vendita di una casa.

I problemi ci sono, e riguardano soprattutto le liste di attesa di cui c’è il sospetto che in certe situazioni siano lasciate ad incrementarsi per favorire il ricorso alle prestazioni in intramoenia o addirittura alle prestazioni a pagamento (out of pocket). Non c’è dubbio che ci siano delle rinunce a singole prestazioni, soprattutto a quelle odontoiatriche, ma non c’è un vero fenomeno di rinuncia a curarsi! !  Non si confonda poi i costi dell’assistenza nella disabilità, che è un problema serio e costoso e per lo più non protetto, con le cure mediche erogate dal SSN.

Per discutere del secondo punto possiamo usare un’altra indagine, l’indagine europea sulla salute curata da Istat nel 2015. In questa risulta che i soggetti che nell’anno non hanno fatto dei ricoveri hanno avuto una o più visite specialistiche nel 51% dei casi mentre chi è stato ricoverato ha avuto nell’anno almeno una visita specialistica nell’86% dei casi.

Va inoltre osservato che questa percentuale è abbastanza costante a seconda della durata del ricovero che in prima approssimazione potrebbe essere considerata una stima, seppur grossolana, della gravità dello stesso. Ciò significa che i ricoverati hanno tutti o quasi anche delle visite specialistiche e probabilmente quel 14% che non le ha avute corrisponde alla percentuale di ricoveri in condizioni di urgenza.

La realtà è complessa e qui abbiamo discusso della realtà della sanità solo in modo molto grossolano ma del tutto sufficiente a dire che i dati e le osservazioni non corrette, sempre più frequentemente pubblicate, possono essere smentite in modo semplice e comprensibile. Certo che a furia di dire che la sanità non funziona la popolazione ci crederà ed infatti se vediamo le risposte date all’indagine Multiscopo Istat Salute 2013, constatiamo che la soddisfazione per le prestazioni ricevute è molto elevata e praticamente i voti negativi sono molto pochi. Se invece consideriamo il giudizio che vien dato del SSN nel suo complesso, ed indipendentemente dall’esperienza personale,  la media si attesta attorno al minimo della sufficienza.

Per questo motivo ci permettiamo di invitare tutti a non cadere nel tranello dell’omologazione a ciò che insistentemente viene affermato da chi ha interesse a diffondere una sfiducia nel SSN per incentivare forme di assistenza sostitutive su base assicurativa. I problemi della sanità pubblica sono diversi e devono essere risolti, ma la salute della popolazione, e soprattutto la salute della popolazione meno benestante, è realmente protetta solo grazie all’istituzione del SSN attraverso la legge 833 approvata a Natale del 1978! Un sistema che ha quarant’anni e che necessità di entrare nella sua fase di maturità con dei correttivi e che, speriamo, il futuro potrà darci soprattutto se la crisi economica e la necessità impellente di contenere la spesa pubblica daranno tregua permettendo di apportare dei miglioramenti e dei nuovi investimenti ma sempre salvaguardando l’universalismo e l’equità di accesso alle prestazioni.

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